Il Nazionalsocialismo in sé, è una concezione politica che non ha niente a che vedere con il regime autoritario avvenuto nel 1933 in Germania, che è stata una scelta politica a sé e destinata comunque ad essere una parentesi.
Questa ricerca vuole illustrare cosa il Nazionalsocialismo sia effettivamente, da una prospettiva imparziale. Lo scopo è descrivere per cosa fosse stato originariamente concepito e non promuoverne l’ideologia.
Si comincia col precisare che il Nazionalismo non è affine al comunismo o al socialismo comunemente inteso. In realtà, il Nazionalsocialismo, era strutturato per tutelare e difendere la proprietà privata ed era concepito in modo da creare e distribuire la ricchezza, attraverso una valorizzazione del capitale ma sempre mettendolo sotto controllo statale qualora lo stesso crescesse al punto da poter influenzare direttamente lo Stato.
Questo meccanismo di salvaguardia, interveniva con la nazionalizzazione delle aziende quando queste diventavano troppo grandi, in modo da evitare che un privato cittadino potesse prendere il controllo della società solo perché in possesso di una grande azienda.
Tolto questo limite, il Nazionalsocialismo era pensato per facilitare e promuovere il commercio e l’industria privati, contrariamente al comunismo che tendeva ad appiattire sterilmente l’economia sociale, demotivando dunque l’individuo dal migliorare sé stesso ed il proprio lavoro. Queste prerogative si possono verificare leggendo l’originale Programma politico dello NSDAP.
IL Nazionalsocialismo, si ispirava, ideologicamente, anche al Nazional-Patriottismo Volkisch tardo-ottocentesco di Paul de Lagarde, il quale considerava la nazione assimilabile ad un’essenza spirituale, un ideale in grado di fare da collante per tutto il popolo, diventando essa stessa una sorta di religione laica, pensata per prendere consapevolezza dell’orgoglio nazionale e del senso d’appartenenza.
il Nazionalsocialismo era effettivamente anti-parlamentare per essenza e per struttura, non riconoscendo e non applicando il principio della maggioranza, perché, secondo il Nazionalsocialismo, il leader non poteva essere degradato a mero esecutore della volontà altrui, in quanto sarebbe stata una contraddizione logica ancor prima che in termini.
Per questo motivo, l’autorità del capo nell’avere l’ultima parola non era in discussione, unita però alla maggiore responsabilità verso il popolo.
Tale ideologia nasceva dalla consapevolezza che il progresso e la cultura non fossero frutto della maggioranza, bensì frutto di una cerchia ristretta di individui con capacità al di sopra della media, da cui poi verrebbe scelto anche il leader politico della Nazione.
Secondo il Nazionalsocialismo era dunque un grave errore, quello di permettere o incoraggiare il plurilinguismo all’interno di una nazione e questo era uno dei motivi per cui i nazionalsocialisti tedeschi erano così preoccupati di unificare i territori abitati da popolazioni di lingua tedesca.
Il cuore dell’ideologia nazionalsocialista albergava dunque nel concetto di Patria e orgoglio nazionale. L’attenzione al tema etnico non rappresentava il centro della cultura nazionalsocialista, bensì era da considerarsi una conseguenza coerente al concetto di identità popolare, nazionale, dunque etnica, dal momento che era ritenuto, che le differenze etniche, nella stragrande maggioranza dei casi, impedissero la coesione sociale, tanto più fossero marcate le differenze etniche stesse e tanto più fosse diverso il contesto sociale e culturale di origine dello straniero immigrato.
Il Nazionalsocialismo, osservato da una prospettiva attuale, è certamente stato un tentativo di quel tempo e luogo, di impedire una serie di problematiche ancora attuali, quale l’immigrazione selvaggia, e l’arrembaggio della cosa pubblica da parte dei beneficiari di quegli interessi privati, che detengono i fondi di investimento, le banche e le multinazionali che il Nazionalsocialismo ha sempre visto come elementi di rischio per il Paese, se non tenuti sotto controllo. Per questi motivi in Germania iniziarono a battere moneta propria, neutralizzando le ingerenze dell’alta finanza straniera, attraverso l’organizzazione d’imponenti campagne per la creazione di nuovi posti di lavoro, affiancate da politiche sociali molto decise e costanti, tanto che il Nazionalsocialismo, almeno fino alla sconfitta della Germania in guerra, risolse la drammatica piaga della disoccupazione, riorganizzando radicalmente la produzione industriale e quella contadina.
Questo è lo stralcio di un discorso fatto da Adolf Hitler, parlando appunto delle plutocrazie che vedeva come entità parassitarie nei confronti della società, che riteneva fosse soggiogata attraverso il debito:
«Costoro odiano lo spirito sociale della Germania! (…) Questa Germania della previdenza, dell’equilibrio sociale, della soppressione delle differenze di classe, la odiano! La Germania che nel corso di sette anni si è sforzata di render possibile ai suoi cittadini una vita decorosa, essi la odiano! La Germania che ha tolto di mezzo la disoccupazione che essi, con tutte le loro ricchezze, non sono capaci di estirpare, essi la odiano! La Germania che dà ai suoi operai abitazioni decenti è quella che essi odiano, perché hanno l’impressione che il loro stesso popolo potrebbe essere “infettato” da questo esempio. Odiano la Germania della legislazione sociale; la Germania che celebra il 1° Maggio quale festa dell’onesto lavoro. Odiano la Germania che ha iniziato la lotta per migliorare le condizioni di esistenza. Proprio questa Germania essi odiano»
La Nazione per i Nazionalsocialisti rappresentava dunque l’espressione più pura dell’identità e dell’appartenenza comune d’origini, di pensiero, di etnia, di storia e di cultura. I Nazionalsocialisti ritenevano che lo Stato dovesse essere al servizio del popolo per raggiungere questo obbiettivo e non il contrario.
Lo Stato era dunque ritenuto un mezzo del popolo per convogliare i risultati a favore della Nazione, che è ritenuta filosoficamente ed ideologicamente superiore allo Stato stesso.
I Nazionalsocialisti del Terzo Reich scelsero ufficialmente la religione cristiana dei quattro vangeli canonici, quindi a carattere antigiudeo, ergendo Gesù ad eroe antigiudeo e mettendo in dubbio la crocefissione e la resurrezione, concentrandosi invece sui segreti esoterici negli insegnamenti e parole di Cristo, come strumenti per ottenere il Graal.
Con antigiudeismo si intendeva dunque il contrapporsi al carattere pratico e pragmatico che caratterizza invece l’ebraismo conservatore, che è tuttora la stessa prospettiva dell’establishment ebraico-sionista che si pone essenzialmente come antagonista dello spiritualismo, non riconoscendo dunque, l’esistenza dello Spirito o della vita dopo la morte.