Storia dello NSDAP

Il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, conosciuto anche come Partito nazista o con la sigla NSDAP, nato dal Partito Tedesco dei Lavoratori, Deutsche Arbeiterpartei, fu un partito politico tedesco che, guidato da Adolf Hitler, uomo politico di origine austriaca, prese il potere in Germania nel 1933 dopo l’esperienza della Repubblica di Weimar, perfezionando l’anno successivo, con il decreto per la ricostruzione del Reich e la nomina di Hitler a Führer del popolo tedesco, un governo totalitario di destra radicale, dalle forti connotazioni nazionalistiche e militaristiche.

Il termine «nazismo» è una forma contratta del termine tedesco Nationalsozialismus (Nazionalsocialismo). Fu l’unico partito politico legalmente autorizzato della Germania nazista dal luglio del 1933 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945.


Il primo movimento a fregiarsi dell’epiteto di “Nazional – Socialista” non fu affatto tedesco, ma boemo. Esso venne fondato nel 1898 come conseguenza di una scissione interna al sindacato unitario in quello che allora era l’Impero austro-ungarico tra i lavoratori slavi e tedeschi. A loro volta, i lavoratori di etnia tedesca costituirono un loro partito, il “Partito dei Lavoratori Tedeschi” in tedesco “Deutsche Arbeiter Partei”, abbreviato con l’acronimo di “DAP” nel 1904 a Trautenau, che oggi si chiama Trutnov, sempre in Boemia, ma con sede centrale a Linz, dove, in quegli stessi anni, Adolf Hitler attendeva con scarso impegno agli studi scolastici. Entrambi i partiti sopravvissero alla separazione della neonata Cecoslovacchia dall’Austria, nel novembre 1918 in seguito della sconfitta nella prima guerra mondiale. Nel 1918 il DAP risultò presente soltanto nella regione dei Sudeti e dei Monti Metalliferi, in cui l’etnia predominante era rimasta tedesca, con alla guida Hans Knirsch, di professione tessitore, che ne era stato il fondatore.

Il successore di Knirsch fu Konrad Henlein che ribattezzò il DAP in “Partito Nazionalsocialista dei Sudeti” nel 1933, conducendo una lotta indipendentista anche con attentati e che fu strumentalizzato da Hitler per giungere allo smembramento della nazione cecoslovacca prima, nel 1938, e all’annessione dell’attuale Repubblica Ceca poi, nel 1939, costituita nel Protettorato di Boemia e Moravia, preludio dello scoppio della seconda guerra mondiale. Sia nella componente boema, sia in quella austriaca del sindacato, e dei partiti che ne derivarono, maggioritaria era la componente dei ferrovieri, rappresentati da Rudolf Jung, amico del collega bavarese Anton Drexler, fabbro ferraio delle officine ferroviarie di Monaco di Baviera, il quale già nel 1915 aveva radunato attorno a sé alcuni compagni in un movimento che si definiva “Partito Tedesco dei Lavoratori”, in omaggio a quello austriaco. Nell’estate del 1918 il DAP austriaco prese il nome di “Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori”. Lo NSDAP bavarese derivò da una serie di piccoli gruppi politici locali di orientamento socialista, statalista, e anticapitalista nazionalista e di estrema destra che sorsero negli ultimi anni del primo conflitto mondiale. Nei primi mesi del 1918 a Brema venne fondato il Freier Ausschuss für einen deutschen Arbeiterfrieden «Libero comitato di lavoratori per una pace tedesca»; il 7 marzo dello stesso anno Anton Drexler, fabbro delle ferrovie tedesche e convinto nazionalista, aprì una sezione locale del movimento a Monaco di Baviera.

Drexler, già membro del Partito Tedesco della Patria, il Deutsche Vaterlandspartei, un partito nazionalista e favorevole al proseguimento della guerra a oltranza, si oppose violentemente all’armistizio del novembre 1918 e ai successivi moti rivoluzionari che scossero la Germania dopo che questo era stato firmato. Il 5 gennaio 1919 Drexler insieme con Gottfried Feder, Dietrich Eckart e Karl Harrer, e con 25 operai delle officine delle ferrovie bavaresi creò il Deutsche Arbeiterpartei, il “Partito Tedesco dei Lavoratori” abbreviato in DAP; questo piccolo partito si trasformò in seguito, con l’arrivo di Adolf Hitler, nello NSDAP bavarese, il 24 febbraio 1920.

I contatti tra i partiti nazionalsocialisti austro-boemi e bavaresi furono molto stretti anche in termine di programma politico, in quanto i venticinque punti del programma dello NSDAP bavarese ricalcavano in tutto quelli del suo omologo austroboemo, e Hitler conosceva sia il partito austroboemo sia il suo leader, Jung, già nel periodo del suo soggiorno a Vienna, tra il 1908 e il 1913. All’atto della fondazione il DAP rappresentò solo uno dei tanti movimenti völkisch presenti nella Germania del tempo sconvolta dalla sconfitta e agitata da moti rivoluzionari simili a quelli che avevano portato all’instaurazione del regime bolscevico in Russia nel 1917.

Il movimento völkisch era una raccolta di gruppi politici di estrema destra sorti in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale. Gli appartenenti al movimento credevano che la sola causa della sconfitta fosse da ricercarsi nel crollo del “fronte interno” e vedevano nella massoneria, nei socialisti, nei liberali, negli intellettuali e negli ebrei i veri responsabili della sconfitta. Fu in quel periodo che si diffuse anche la Dolchstoßlegende, la «leggenda della pugnalata alle spalle», che contribuì in maniera decisiva all’ascesa del Partito Nazionalsocialista negli anni seguenti.

La Dolchstosslegende, è un racconto allegorico, con il quale i nazionalisti tedeschi attribuivano le colpe della sconfitta della Germania imperiale nella prima guerra mondiale non all’inferiorità militare delle forze armate germaniche nei confronti delle potenze alleate, ma al crollo del cosiddetto fronte interno, ovvero alla presunta sedizione e al disfattismo anti-nazionale delle correnti politiche tedesche democratiche e popolari.

Come molti gruppi völkisch il DAP fece propria la convinzione che la Germania sarebbe dovuta divenire una “comunità popolare” detta Volksgemeinschaft, strettamente unita attorno a un Führer (Capo) che avrebbe dovuto incarnare i migliori sentimenti germanici, piuttosto che divisa in classi e frazionata in diversi partiti politici.

Quest’idea presentò immediatamente una connotazione certamente avversa nei confronti dell’establishment ebraico: la “comunità popolare” avrebbe dovuto essere judenfrei, libera da ebrei, in quanto per rimuovere i titolari dei grandi potentati finanziari, nonché tutti i loro accoliti, sarebbe stato necessario liberare tutta la Germania da quella comunità, dal momento che sarebbe stato impossibile combattere i vertici della comunità ebraica stessa e al contempo tenere membri di tale comunità nei posti di lavoro, particolarmente quelli nel Governo o nelle istituzioni, che sarebbero ovviamente rimasti vulnerabili a sabotaggi.

Fin dagli esordi il DAP si oppose ai partiti di Sinistra, al Partito Socialdemocratico di Germania (SPD) e al nuovo Partito Comunista di Germania (KPD). I membri del DAP si vedevano come combattenti contro il bolscevismo anche se spesso dichiararono di essere un partito della classe operaia. Tra i primissimi membri del DAP furono alcuni tra i più importanti personaggi del futuro Terzo Reich, tra cui Rudolf Hess, Hans Frank e Alfred Rosenberg.

Nonostante si definisse prosaicamente partito politico, il DAP era solo un piccolo gruppo con meno di sessanta membri. Nondimeno attrasse l’attenzione delle autorità tedesche sospettose nei confronti di ogni organizzazione che potesse avere tendenze sovversive. Un giovane caporale di nome Adolf Hitler, reduce dal conflitto, venne inviato dai servizi segreti dell’esercito a investigare sulle attività del partito. Nel corso di una riunione del partito Hitler venne coinvolto in una discussione politica facendo grande impressione sui presenti per le sue doti di oratore, tanto che il DAP lo invitò a unirsi alla formazione.

Adolf Hitler nel 1919


Hitler si iscrisse al partito in un giorno imprecisato della seconda metà di settembre del 1919 e fu il 55º membro del DAP ottenendo la tessera numero 555, rilasciata il 1º gennaio 1920; per incrementare infatti la propria consistenza numerica il DAP aveva cominciato la numerazione delle tessere a partire da 501. Hitler in seguito dichiarò di esserne stato il settimo membro per dare maggior risalto al suo ruolo nella fondazione del partito; in effetti egli fu solamente il settimo membro del comitato direttivo centrale del DAP. Quando il DAP cambiò denominazione in NSDAP Hitler riservò per sé la tessera numero 1.

Nonostante nei mesi successivi il DAP continuasse ad attrarre nuovi membri, stentava a crescere a sufficienza per esercitare una reale influenza sulla politica tedesca, così il 24 febbraio 1920, il partito aggiunse “Nazionalsocialista” al proprio nome ufficiale diventando così Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, abbreviato in NSDAP. Il termine «nazionalsocialista» era già correntemente utilizzato in Germania e Austria a partire dal 1890, e il nuovo nome ebbe la capacità di suscitare nei potenziali elettori un senso di patriottismo, esercitando nel contempo un’attrattiva sulle classi operai.

A detta di Hitler stesso, la sua coscienza per la questione sociale maturò nel cosiddetto periodo viennese, durante il quale per un certo periodo alloggiò presso un dormitorio pubblico.

Misure di notevole interesse da ricondursi al nazionalsocialismo di Hitler, anche negli anni successivi, furono la fornitura al DAF, il Fronte tedesco del lavoro, nel 1934, della autorità legale di cui necessitava per mettere in atto le sue richieste, tra cui l’istituzione di un premio da destinarsi alla migliore azienda nazionalsocialista, proposto dal DAF e reso possibile da Hitler, che portò a un aumento delle spese in favore del miglioramento delle condizioni operaie in azienda dagli 80 milioni di Reichsmark del 1936 ai 200 milioni di Reichsmark del 1938 e infine la direttiva del 15 febbraio 1940 che poneva all’ordine del giorno l’esame della proposta di riforma previdenziale presentata dall’AWI, l’Istituto di scienza del lavoro della DAF.

Hitler scoprì e affinò presto il proprio talento oratorio e la sua capacità di attrarre nuovi membri lo rese presto la figura dominante del Partito. Questa capacità venne riconosciuta da Drexler e Hitler divenne presidente dello NSDAP il 28 luglio 1921. All’atto della fondazione del DAP era stato istituito un comitato direttivo centrale eletto dai membri che provvedeva a sua volta a eleggere il Presidente del partito. Hitler rapidamente accantonò questa forma di controllo che la “base” avrebbe potuto avere su di lui. Egli pretese e ottenne il titolo di Führer e, dopo una serie di conflitti interni al partito, riuscì a far accettare che lo NSDAP fosse retto sul Führerprinzip (principio di supremazia del capo): Hitler sarebbe stato il solo leader del partito e l’unico a poterne decidere le politiche e la strategia.

Bandiera dello NSDAP

In questo periodo Hitler immaginava lo NSDAP come un’organizzazione rivoluzionaria e mirava a un rovesciamento violento della Repubblica di Weimar che egli vedeva controllata da socialisti, ebrei e «criminali di novembre», i colpevoli della firma dell’armistizio e quindi traditori della “sacra” patria tedesca. Le Sturmabteilung SA, «squadre d’assalto», conosciute anche come «camicie brune» vennero costituite nel 1921 come milizia di partito e presto si lanciarono in violenti scontri con gli appartenenti ad altri partiti politici.

Tra il 1921 e il 1922 lo NSDAP crebbe notevolmente grazie a una serie di motivi concomitanti: l’abilità oratoria di Hitler, il richiamo esercitato dalle SA sui giovani disoccupati ed ex soldati, la debolezza della Repubblica di Weimar e la sua incapacità di risolvere i gravi problemi economici e la disoccupazione. Nel partito confluirono molti veterani del primo conflitto mondiale – sui quali l’ex soldato pluridecorato Adolf Hitler esercitava un fascino particolare -, piccoli commercianti ed ex membri delusi dai partiti rivali. La Gioventù hitleriana, in tedesco la Hitler-Jugend, venne costituita in nel 1926, per raccogliere i figli dei membri del partito, anche se rimase fino alla fine degli anni venti una piccola unità (successivamente essa ebbe lo scopo di togliere sostegno alle organizzazioni giovanili ecclesiastiche, come i Boy Scout). In questo periodo si affiliarono al partito anche Ernst Röhm che divenne presto capo delle SA, l’asso d’aviazione della Prima Guerra Mondiale Hermann Göring e Heinrich Himmler destinato a diventare in futuro, in qualità di comandante delle SS, uno dei personaggi più importanti e temuti del Terzo Reich. Nel dicembre 1920 lo NSDAP acquistò un quotidiano, il Völkischer Beobachter che presto divenne l’organo di stampa ufficiale del Partito Nazionalsocialista.

Nel gennaio 1923 i francesi occuparono la regione industriale della Ruhr in seguito all’incapacità da parte della Germania di pagare le riparazione di guerra imposte dal trattato di Versailles. L’occupazione condusse la Germania al caos economico, al crollo del governo presieduto da Wilhelm Cuno e a un tentativo di nuova rivoluzione ispirato dal Partito Comunista Tedesco KPD. L’instabilità politica, l’insicurezza economica e l’ulteriore umiliazione imposta dalla Francia alla Germania contribuirono a un deciso incremento del sentimento nazionalista tedesco che trovò nel partito retto da Hitler il Faro per uscire dalla nebbia ch avvolgeva i destini del Paese. Nel giro di pochi mesi il numero degli iscritti aumentò vertiginosamente fino a raggiungere le 20.000 unità.

Entro il novembre 1923 Hitler decise che i tempi erano maturi per una sollevazione che avrebbe dovuto portare alla conquista del potere a Monaco, nella speranza che la Reichswehr, le forze armate tedesche postbelliche, poi dette Wehrmacht, si sarebbero ammutinate contro il Governo Centrale di Berlino per appoggiare la sua rivolta. Questa speranza venne fomentata dall’ex-generale Erich Ludendorff che supportava, seppur non come membro effettivo, il Partito Nazionalsocialista.

Nella notte dell’8 novembre 1923 i nazisti utilizzarono un raduno patriottico tenuto in una birreria di Monaco per cercare di lanciare un Colpo di Stato. Il cosiddetto Putsch della birreria fallì praticamente subito, quando i comandanti locali della Reichswehr si rifiutarono di appoggiarlo rimanendo leali al governo centrale tedesco. Nella mattinata del 9 novembre Hitler e il partito, per un totale di circa duemila persone, marciarono attraverso le strade di Monaco cercando di ottenere un supporto popolare al Colpo di Stato; non ebbero successo e la marcia si concluse nel sangue sotto il fuoco dei soldati che uccisero 14 nazionalsocialisti e ne ferirono molti altri. Hitler, Hess, Ludendorff e molti altri organizzatori vennero arrestati e processati per tradimento nel marzo 1924. La brillante difesa di Hitler al suo processo e il generale sentimento nazionalista tedesco permisero agli imputati di ottenere brevi pene detentive.

Hitler sfruttò il periodo trascorso in carcere per scrivere il suo manifesto politico semi-autobiografico Mein Kampf, «La mia battaglia».

Verso il potere: 1925-1932


Hitler venne rilasciato dal carcere nel dicembre 1924 e immediatamente si mise all’opera per rifondare il partito e riorganizzarlo in modo da renderlo sempre più malleabile al suo incontrastato predominio. Il “nuovo” Partito nazionalsocialista non era più un’organizzazione rivoluzionaria paramilitare e ripudiò l’idea di raggiungere il potere attraverso metodi non legali. In ogni caso la situazione economica e politica del 1923 si era stabilizzata – con un conseguente raffreddamento dell’indignazione nazionalista – e non esistevano spazi di manovra per una nuova avventura rivoluzionaria.

Nell’ottica della riorganizzazione nel 1925 il partito venne suddiviso in Korps der Politischen Leiter «corpo dei leader politici» e Parteimitglieder «associazione dei membri ordinari». Le SA vennero scorporate dallo NSDAP e venne enfatizzato l’aspetto del conseguimento degli obiettivi di partito attraverso metodi legali; come segno di questi cambiamenti il partito cominciò a permettere l’iscrizione alle donne. Le SA e le SS, fondate nell’aprile 1925 come guardia del corpo di Hitler e comandate da Himmler, vennero inquadrate come “gruppi di supporto” e tutti i membri di queste organizzazioni collaterali dovevano prima divenire membri regolari dello NSDAP.

SA Sturmabteilung

Nominalmente il vice-capo di partito divenne Rudolf Hess, anche se in effetti egli non aveva alcun potere all’interno dello NSDAP. I più importanti leader dopo Hitler erano Goebbels, Himmler, Göring e Röhm. Sotto questa dirigenza centrale esistevano una serie di leader regionali, i Gauleiter, ognuno dei quali era responsabile del partito all’interno del suo Gau «circoscrizione». Esistevano 34 Gaue per la Germania e ulteriori sette per l’Austria, i Sudeti in Cecoslovacchia, Danzica e la Saarland. Joseph Goebbels cominciò la sua ascesa verso i più alti gradi della gerarchia nazista divenendo, nel 1926, Gauleiter di Berlino. Julius Streicher, editore della rivista violentemente antisemita Der Stürmer era Gauleiter della Franconia. Al di sotto dei Gauleiter esisteva una struttura di funzionari di grado inferiore, organizzati in una struttura gerarchica per la quale gli ordini fluivano dal vertice verso la base che doveva eseguirli senza discutere. Solo il corpo delle SA rimase parzialmente escluso da questo tipo di struttura.

In questo periodo il partito adottò il saluto nazista, ispirato al saluto fascista, formato dal saluto romano associato alla formula «Heil Hitler!».

Lo NSDAP partecipò dal 1924 alle elezioni del parlamento nazionale, il Reichstag, e delle legislature federali, i Landtag, ottenendo solo scarsi successi. Il Nationalsozialistische Freiheitsbewegung «Movimento nazionalsocialista per la Libertà», un raggruppamento che includeva NSDAP e DVFP, ottenne il 3% dei voti alle elezioni per il Reichstag del dicembre 1924; tale percentuale scese al 2,6% nelle successive elezioni del 1928. I risultati elettorali ottenuti nel medesimo periodo per le diverse legislature federali furono similari. Nonostante i modesti risultati ottenuti, e nonostante la relativa stabilità politica della Germania della fine degli anni venti, il Partito Nazionalsocialista continuò a crescere. Questo fu dovuto in parte alla scelta di Hitler, scarsamente interessato al lavoro amministrativo e burocratico, di demandare l’organizzazione del partito al capo della sua segreteria Philipp Bouhler, al tesoriere del partito Franz Xaver Schwarz e all’amministratore Max Amann. Nel gennaio 1928 venne inoltre nominato a capo del dipartimento propaganda del partito l’efficiente Gregor Strasser. Questi collaboratori diedero allo NSDAP un’efficiente struttura di reclutamento e organizzativa. La crescita dello NSDAP fu dovuta inoltre al graduale abbandono da parte degli elettori di altri gruppi nazionalisti, come il DNVP; con il trascorrere del tempo, mentre Hitler veniva sempre più identificato come il leader dei nazionalisti tedeschi, gli altri gruppi persero terreno o vennero assorbiti dallo NSDAP.


Il Partito nazionalsocialista si espanse, nel corso degli anni ’20, oltre la propria tradizionale base in Baviera. In effetti la Baviera cattolica e la Vestfalia, insieme con l’operaia «rossa Berlino» furono sempre le aree elettorali più deboli per il partito, anche dopo la definitiva ascesa al potere. Le aree dove il supporto al partito fu più marcato furono quelle rurali e protestanti: Schleswig-Holstein, Meclemburgo, Pomerania e Prussia Orientale. Le aree industriali depresse, come ad esempio la Turingia, furono altresì importanti roccaforti del voto nazionalsocialista mentre i lavoratori della regione della Ruhr e di Amburgo rimasero fedeli all’SPD, al KPD e al Zentrum cattolico. Norimberga rimase sempre un bastione dell’ideologia nazionalsocialista e, a partire dal 1927, vennero qui tenuti i raduni del partito. Questi raduni divennero presto un’importante vetrina per l’esibizione della potenza paramilitare del partito e contribuirono ad attrarre nuovi simpatizzanti e membri.

L’appello nazionalsocialista ebbe maggiori riscontri nella piccola borghesia – agricoltori, impiegati pubblici, insegnanti, piccoli commercianti – che ebbero a subire i maggiori danni dalla devastante inflazione degli anni Venti e che temevano il bolscevismo, e la conseguente espropriazione di beni, più di ogni altra cosa. Queste classi di piccoli imprenditori furono ricettive al messaggio politico di Hitler, vedendo nel “grande business ebraico” la fonte dei loro problemi economici.

Gli studenti universitari, delusi per non aver partecipato al primo conflitto mondiale, vennero altresì colpiti dalla retorica radicale dello NSDAP, divenendo un’importante componente di supporto del Partito Nazionalsocialista. Entro il 1929, il partito contava 130.000 iscritti.

L’ascesa dello NSDAP è stata certamente accelerata dalla Grande depressione, iniziata con il crollo della borsa di Wall Street nell’ottobre 1929 e a cui nessun Partito o Governo tedesco aveva saputo dare una risposta, contrariamente al Partito Nazionalsocialista. Entro il 1930 la situazione in Germania era precipitata nuovamente con livelli di disoccupazione in costante ascesa e un diffuso fallimento di attività commerciali. I partiti della Sinistra, l’SPD e il KPD, erano profondamente divisi e incapaci di organizzare un’efficace opposizione. Questo diede ai nazionalsocialisti l’opportunità di puntare i riflettori sui «finanzieri giudei» e i bolscevichi (secondo i nazionalsocialisti, sempreal soldo degli ebrei) dei disastri della Germania e raccogliere così un ampio spettro di elettori.

Nel corso delle elezioni per il Reichstag del settembre 1930, lo NSDAP ottenne il 18,3% dei voti e divenne il secondo partito più grande della Germania, subito dopo quello socialdemocratico dell’SPD.

Hitler dimostrò un’incredibile energia nel corso della campagna elettorale, utilizzando tutti i nuovi strumenti tecnologici: usando la radio e volando in aereo da un capo all’altro della Germania. Essenziale fu inoltre la sostituzione di Strasser con Goebbels a capo della propaganda del partito. Mentre Strasser abusò spesso della posizione di capo-propagandista per trasmettere la sua visione di nazionalsocialismo, Goebbels dimostrò una totale lealtà a Hitler e lavorò unicamente per esaltarne l’immagine.

Le elezioni del 1930 cambiarono il panorama politico tedesco indebolendo i partiti nazionalisti tradizionali, il DNVP e il DPV, lasciando lo NSDAP come unica alternativa ai discreditati SPD e Zentrum, il leader del quale, Heinrich Brüning, guidava un debole governo di minoranza. L’incapacità dei partiti democratici di formare un fronte unito, l’isolamento autoimposto del KPD all’estrema Sinistra e il continuo peggioramento della situazione economica tedesca giocarono insieme a favore di Hitler al quale, considerato leader de facto dell’opposizione, alcuni grandi industriali, come Fritz Thyssen, cominciarono a versare generosi contributi. Ma non tutti i grandi industriali tedeschi erano a favore dell’estremo nazionalismo dello NSDAP e continuarono ad appoggiare altri partiti conservatori più tradizionali.

Durante il 1931 e 1932 la crisi tedesca peggiorò. Nel marzo 1932 Hitler si candidò alla carica di Presidente della Repubblica in opposizione a Paul von Hindenburg ottenendo il 30,1% dei voti nella prima tornata che salirono al 36,8% durante il ballottaggio. In questo periodo le SA raggiunsero i 400.000 iscritti e ingaggiarono battaglie di strada con le unità paramilitari socialiste e comuniste, che peraltro combattevano anche tra loro, riducendo molte città tedesche in uno stato di totale confusione.

I tedeschi votarono Hitler principalmente per le promesse di ripresa dell’economia, per la promessa di riportare la Germania alla grandezza, di ribellarsi al Trattato di Versailles e di difendere la patria dai comunisti, tutti risultati oggettivamente ottenuti e mantenuti fino alla sconfitta in guerra.

Elezioni politiche del 1932


Alle elezioni per il Reichstag tenute nel luglio 1932 lo NSDAP ottenne un ulteriore successo, ottenendo il 37,4% dei voti e divenendo così il partito più importante della Germania. I 230 seggi conquistati non permisero però allo NSDAP di raggiungere la maggioranza assoluta all’interno del Reichstag composto da 608 seggi. Insieme il Partito Nazionalsocialista e i comunisti del KPD ottennero il 52% dei voti totali e un’ipotetica maggioranza assoluta. Visto che entrambi i partiti rifiutavano il sistema politico stabilito e rifiutarono di supportare ogni operazione di governo la formazione di un governo di maggioranza risultò impossibile. Il risultato fu l’obbligo di governare attraverso decreti legge. Seguendo le direttive di Stalin, il Partito Comunista Tedesco (KPD) continuò a vedere nei socialdemocratici del SPD, chiamati dai comunisti “social fascisti”, il peggior nemico creando così una grave spaccatura nelle Sinistre e impedendo di fatto ogni efficace contrasto all’ascesa dei nazionalsocialisti. Negli anni successivi l’SPD e il KPD si accusarono vicendevolmente di aver facilitato l’ascesa di Hitler a causa della loro incapacità di trovare un compromesso.

Il cancelliere Franz von Papen indisse nuove elezioni per il Reichstag per il novembre 1932 nella speranza di trovare una soluzione all’ingovernabilità del paese. I risultati furono simili a quelli di luglio con i nazisti e i comunisti che ottennero, insieme, oltre il 50% dei voti. Il supporto ai nazionalsocialisti scese però al 33,1% dei voti; questo suggerì che lo NSDAP avesse ormai raggiunto il suo picco e fosse in fase calante. I nazisti capirono l’essenzialità di conquistare il potere prima che il loro momento fosse passato.

In questa fase sarebbe stato possibile creare un fronte unito opposto allo NSDAP ma i campanilismi e gli interessi dei diversi partiti ebbero la meglio. Papen, il suo successore Kurt von Schleicher e il magnate della stampa nazionalista Alfred Hugenberg passarono tutto il mese di dicembre e di gennaio in una serie di intrighi politici cercando di conquistare il potere. Hitler e lo NSDAP si inserirono in questo gioco, consci della necessità di raggiungere quanto prima il potere, e riuscirono a convincere Papen e Hugenberg della necessità di candidare Hitler alla carica di Cancelliere del Reich appoggiando la sua nomina presso il Presidente Hindenburg. Il 30 gennaio 1933 Hitler divenne Cancelliere della Germania, alla guida di un gabinetto di coalizione con i nazionalisti di Hugenberg che per il momento contava solo pochi ministri nazionalsocialisti.

Al potere nel periodo interbellico: 1933-1939


Una volta raggiunto il potere Hitler e lo NSDAP operarono in tempi brevissimi per ottenere il controllo assoluto dello Stato tedesco ed eliminare i partiti politici avversari. Questo proposito, di fatto, era già una prospettiva concreta, considerato il record negativo della politica in relazione alla fiducia del popolo, che si vedeva truffare e turlupinare sistematicamente da politicanti di mestiere che avevano ridotto la Germania al tracollo, complici dei potentati privati finanziari e di corrotti e speculatori di ogni sorta.

Il 27 febbraio 1933 scoppiò un devastante incendio presso la sede del Reichstag. I nazisti, attribuirno il gesto ad una crociata bolscevica e a seguito delle indagini, resero illegali i partiti della Sinistra, e arrestarono i dirigenti del KPD, chiudendone le sedi e vietandone le manifestazioni. Si scoprì che l’incendio venne appiccato da un olandese, Marinus van der Lubbe, per conto del Partito comunista e, a dispetto di quanto affermi la storiografia ufficiale, il terrorista è stato arrestato proprio attraverso le spiate degli stessi comunisti. Quindi non è vero che era un cane sciolto, con collegamenti solo passati, verso il Partito Comunista. Proprio per il suo coinvolgimento diretto su commissione, Der Lubbe fu arrestato a colpo sicuro, perché i suoi stessi mandanti lo denunciarono.

Il Reichstag venne in seguito restaurato, e Hitler dette mandato all’architetto Albert Speer di costruire una nuova cancelleria, la “Neue Reichskanzlei”, nel cui giardino venne scavato il bunker che vedrà le ultime ore di Hitler e del partito. I comizi, invece, venivano tenuti allo Sportpalast.

Hitler discusse il fatto col Presidente von Hindenburg e fece pressioni, affinché firmasse il Reichstagsbrandverordnung, «Decreto dell’incendio del Reichstag») che, di fatto, sospendeva la maggior parte dei diritti sanciti dalla costituzione della Repubblica di Weimar, allo scopo di risolvere tutti i problemi interni al Paese, altrimenti irrisolvibili:

– Arrestare i dissidenti politici che attentavano al nuovo Governo attraverso il terrorismo o per via di mezzi illegali.

– Allontanare gli ebrei, che erano ritenuti una minaccia, considerato che si voleva espellere la loro classe dirigente e sarebbe stato impensabile lasciare la loro comunità nei posti di lavoro, specie quelli strategici, come nelle istituzioni o nell’esercito, che avrebbero certamente subito sabotaggi.

– Eliminare quasi del tutto gli impedimenti burocratici che avrebbero reso difficile effettuare le perquisizioni, gli arresti e le indagini.

È necessario ricordare, che a differenza di come viene interpretata questa fase dalla storiografia ufficiale, l’onestà intellettuale impone di precisare che questa fase si sarebbe conclusa una volta risolti i problemi di sopra; non si trattava di un folle colpo di mano, ma di una fase straordinaria, di cui era comunque programmata la cessazione.

Ciò che sarebbe restato in piedi, anche dopo il ripristino dei diritti civili, sarebbe stato la forma totalitaria di Governo, inteso come Stato strutturato affinché possa essere presente capillarmente nella società in tutti gli ambiti della vita, anche attraverso l’assimilazione di un’ideologia, che era ritenuta un fattore stimolante per la coesione sociale, l’affiatamento tra i concittadini e per regolare i comportamenti.

Nel 1933, Hitler si apprestò a tenere una nuova tornata elettorale per il marzo 1933 al fine di raggiungere la maggioranza assoluta al Reichstag e poter così modificare la costituzione, sempre nell’ottica di affrontare adeguatamente la sfida che rappresentavano i problemi del Governo di allora.

Le elezioni prevedibilmente videro trionfare lo NSDAP che ottenne il 43,9% dei voti. Insieme con gli alleati nazionalisti del DNVP i fascisti ottennero una maggioranza parlamentare semplice con il 51,8% dei voti.

Questo risultato si deve alla fiducia popolare, che veniva confermata continuamente dal popolo, mentre Adolf Hitler procedeva nell’applicare le sue strategie di governo.

Reichstag

Il successivo passo dello NSDAP fu il progetto di Gleichschaltung, normalmente tradotto in coordinamento, e fu l’approvazione del Decreto dei pieni poteri che garantiva a Hitler e al suo gabinetto di Governo di promulgare leggi, esautorando di fatto il Parlamento dal suo ruolo istituzionale, oramai accessorio, se non ingombrante, in considerazione della direzione politica promossa dallo NSDAP e accolta trionfalmente dal popolo tedesco col proprio voto.

Il decreto progettava di abolire la separazione del potere esecutivo da quello legislativo, in quanto tale esso rappresentava un emendamento della costituzione e necessitava di una maggioranza parlamentare di due terzi, un ostacolo insormontabile, per un Regime Totalitario, che faccia riferimento ad un Capo di Stato con poteri pieni.

La coalizione nazionalsocialista/nazionalista disponeva solamente della maggioranza semplice e Hitler si adoperò per ottenere il supporto del Zentrum cattolico che accettò dopo una serie di garanzie che Hitler fece al suo Presidente Ludwig Kaas. I 31 voti del Zentrum, insieme a quelli dei piccoli partiti del ceto medio, quelli dei nazionalisti e quelli dello stesso NSDAP permisero a Hitler di far approvare il decreto, che fu una delle tappe fondamentali per istituire il Terzo Reich secondo l’offerta politica che lo NSDAP aveva promesso ai cittadini. I partiti della Sinistra si opposero al decreto; ma il KPD non poté fare nulla con i suoi dirigenti in carcere e dovette incassare la sconfitta. Questo lasciò al solo SPD il ruolo di oppositore al decreto, ma i suoi voti furono ben lontani dal bloccarne l’approvazione, essendo come tutti gli altri partiti, fortemente disprezzato dal pubblico tedesco del tempo e la loro sterile opposizione, si concluse semplicemente con l’esser messo fuorilegge il 22 giugno e i dirigenti dell’SPD dovettero ripiegare in esilio a Praga, avendo l’opinione pubblica, essenzialmente, completamente avversa.

Il decreto dei pieni poteri, della durata di quattro anni, dava al Governo il potere di promulgare leggi, di stipulare trattati con nazioni straniere e persino di apportare modifiche alla Costituzione.

Eliminati tutti i partiti esistenti e promulgata una legge che impediva la creazione di nuovi entro il 14 luglio 1933 la Germania diventò uno stato a partito unico.

Stando alle testimonianze, c’è da dire che il popolo si sentiva liberato da un fardello e già intravedeva un futuro diverso e di gran lunga migliore, o almeno questo era il sentimento generale, imparzialmente riportato.

Hitler mantenne formalmente il Reichstag che però servì solo ad avallare le decisioni con ratifica finale. L’altra camera tedesca, il Reichsrat, venne altresì mantenuta ma perse ogni effettivo potere. I corpi legislativi dei singoli stati seguirono presto lo stesso destino, e il Governo Centrale assunse la maggior parte dei poteri sia di governo sia legislativi.

Hitler cercò di inglobare anche le confessioni religiose all’interno del regime. Il 23 marzo 1933 le aveva definite «il più importante fattore» per il mantenimento del benessere del popolo tedesco. Alla Chiesa Cattolica propose un concordato (Reichskonkordat) tra la Germania e la Santa Sede, che venne firmato il 20 luglio 1933 dal vicecancelliere Franz von Papen e dal cardinale Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII, che all’epoca ricopriva l’incarico di Nunzio apostolico in Germania. Per la confessione Protestante Hitler fondò una nuova corrente, denominata Chiesa Protestante tedesca ispirata a principi nazionalisti e di «cristianesimo positivo». Questa imposizione fece però sollevare un gruppo di teologi – tra i quali Martin Niemöller e Dietrich Bonhoeffer – che condannarono il movimento religioso nazionalista fondando una Chiesa protestante antagonista, la Chiesa Confessionale.

L’iscrizione alla Gioventù hitleriana venne resa obbligatoria e servì a formare ideologicamente i giovani tedeschi in conformità al sistema politico e sociale che il Terzo Reich rappresentava, facendo fede alla volontà popolare.

Considerata la volontà di eliminare la burocrazia del tempo, ritenuta dal Fuhrer «reazionaria», perché poco propensa ed efficace nel seguire le direttive, il partito si impegnò a ristrutturare una burocrazia efficiente, in grado di permettere al Reich di assolvere agilmente alle funzioni di governo.

Il periodo 1933-39 vide dunque una graduale e naturale fusione del Partito Nazionalsocialista con lo Stato tedesco.

Nel Gennaio 1933 i nazisti erano saliti al potere: Röhm entrò a far parte del primo governo Hitler e venne nominato Reichsleiter, la più alta carica all’interno del NSDAP. Ben presto iniziarono le prime frizioni con i compagni di partito e con lo stesso Führer. Hitler aveva fin dall’inizio sostenuto che le SA dovessero essere una forza politica e non militare: dovevano servire a spianare al partito, con la violenza e il terrore, la via verso il potere politico. Questo obiettivo era stato ormai raggiunto e molto probabilmente Hitler pensò a questo punto che le turbolente e indisciplinate Sturmabteilungen avessero perduto la propria ragion d’essere. Pare avesse già progettato di ridurne gli effettivi di due terzi.

Röhm, che era sempre stato un rappresentante dell’ala radicale del partito, al riguardo la pensava ben diversamente. Egli al contrario insisteva perché l’intero apparato dello Stato fosse dato in mano alle SA, cioè a coloro che per primi si erano battuti per portare il nazionalsocialismo al potere. Si opponeva strenuamente a qualunque compromesso con la destra conservatrice rappresentata dalle grandi imprese, dalla finanza, dai proprietari terrieri junker e dalle alte gerarchie militari. Tutti costoro erano rimasti indenni durante il passaggio dal vecchio al nuovo Stato nazionalsocialista e continuavano a occupare i principali posti di comando nel paese, esercitando tuttora il potere. La sinistra era già stata annientata; Röhm e gli altri radicali del partito, tra i quali figurava anche uno dei fedelissimi di Hitler, Joseph Goebbels, insistevano perché si facesse la stessa cosa con la vecchia destra, consegnando tutti i posti di comando dello Stato a membri del partito, cioè ai vecchi camerati del Führer. All’interno del partito Röhm aveva due nemici in Himmler e nel camerata degli inizi Göring.

In un discorso tenuto nell’agosto 1933 egli disse:

«Ancora oggi vi sono, in posizioni ufficiali, persone che non hanno la minima idea dello spirito della nostra rivoluzione. Ci sbarazzeremo inesorabilmente di loro, se oseranno mettere in pratica le loro idee reazionarie»

Röhm credeva che le Sturmabteilung dovessero essere il nucleo di una futura armata rivoluzionaria, un “esercito del popolo” che avrebbe edificato una nuova Germania. In questo ardito programma politico consisteva quella che Röhm chiamava la “seconda rivoluzione”, che secondo la sua opinione costituiva il necessario completamento della rivoluzione del 1933. Queste posizioni oltranziste finirono per far guadagnare al capo delle SA l’odio mortale dei conservatori, cosa che in seguito doveva essergli fatale.

In ultimo, Röhm arrivò a proporre che si unificassero la Reichswehr, le SA, le SS e tutti i raggruppamenti di ex-combattenti in un unico “esercito popolare” alle dipendenze di un unico ministero della Guerra al quale – questo appariva chiaramente sottinteso – lui, Röhm, avrebbe dovuto sovrintendere. Per il corpo degli ufficiali non ci poteva essere un’idea più nauseabonda. Röhm ebbe continui alterchi con l’allora ministro della Difesa, il generale Werner von Blomberg, senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere. A questo punto, la decisione definitiva spettava al Führer.


Hitler era sempre stato convinto di come, per consolidare il proprio governo, gli fosse assolutamente necessario l’appoggio delle alte gerarchie militari. I generali, che con la loro acquiescenza gli avevano permesso di salire al potere, possedevano ancora la forza di schiacciarlo, se avessero voluto. Inoltre, egli non si faceva illusioni sull’effettivo valore militare delle Sturmabteilung. Perciò fu subito propenso a prendere le parti dell’esercito contro le ambizioni velleitaristiche di Röhm. Probabilmente Hitler decise con largo anticipo di far uscire le squadre d’assalto dalla scena politica, prima di dare disposizioni per un’imponente opera di riarmo che dotasse in breve tempo la Germania di potenti e disciplinate forze armate

Nel 1934 i segnali poco incoraggianti in termini di fedeltà al Partito, da parte delle SA, che tentavano di destabilizzare il Reich, pretendendo di ampliare e rivendicare una sempre maggior sfera di influenza, mettendo in discussione con il loro atteggiamento, la leadership del Fuhrer, si facevano sempre più evidenti.

Nonostante la minaccia rappresentata dalle SA, Hitler in una prima fase, tentò di trovare delle soluzioni concrete alla crisi, forse in ricordo della lunga militanza di Röhm nel partito e dell’antica amicizia che li legava; Röhm era uno dei pochissimi che poteva permettersi «tu» invece che il più formale «lei» nei confronti di Hitler.

Röhm aveva però altri nemici nel partito, desiderosi di assumere ruoli sempre più importanti eliminando un pericoloso concorrente. Tra questi spiccavano Hermann Göring e Heinrich Himmler; quest’ultimo sfruttò la Gestapo e il Sicherheitsdienst SD, le polizie politiche segrete da lui dirette, per effettuare delle indagini, le cui prove avrebbero svelato un complotto ordito dai vertici delle SA teso al rovesciamento di Hitler. Queste prove, convinsero Hitler ad agire e il 30 giugno 1934 le SS guidate da Himmler compirono una sanguinosa purga, passata alla storia con il nome di «Notte dei lunghi coltelli» ai danni delle SA: Röhm e i suoi più stretti collaboratori vennero uccisi e si colse l’occasione per eliminare anche altri «elementi indesiderabili» che, in passato, avevano ostacolato il partito. Il numero dei morti non è mai stato accertato con precisione ma oscilla dalle 60 alle 80 unità.

Emblema delle SS

La purga servì a lanciare Heinrich Himmler e le sue disciplinate e fedeli SS come nuovo braccio esecutivo dello NSDAP, mentre le turbolente SA, pur non venendo ufficialmente disciolte, mantennero un ruolo puramente rappresentativo. La comunità industriale, che era stata presa di mira dalle SA, si sentì rassicurata e rapidamente si riconciliò con il regime. L’esercito si sentì altresì rassicurato e il ministro della Difesa, generale Werner von Blomberg, pur non essendo fascista volle riconoscere a Hitler la propria stima facendo giurare all’esercito fedeltà non più alla nazione ma direttamente nelle mani di Hitler stesso, in qualità di Führer dello stato. Questi eventi rafforzarono ulteriormente la posizione dei nazionalsocialisti sfumando ulteriormente le distinzioni tra partito e stato.

Le Leggi Razziali

Le leggi razziali di Norimberga vennero approvate nel settembre 1935 durante l’annuale congresso del partito. Le leggi di Norimberga bandirono di fatto gli ebrei da ogni aspetto della vita sociale tedesca, privandoli della cittadinanza, dalla maggior parte delle professioni e della possibilità di sposarsi con ariani.

Dopo una breve pausa nelle persecuzioni antisemite dovuta in parte alle Olimpiadi del 1936 organizzate dalla Germania, i nazionalsocialisti nel novembre 1938 tornarono all’attacco organizzando un pogrom che verrà sarcasticamente ricordato come Kristallnacht, Notte dei cristalli, dalle vetrine infrante dei negozi di proprietà di ebrei. Nel corso del pogrom persero la vita almeno 100 ebrei, 30.000 vennero inviati nei campi di concentramento, vennero incendiate oltre un migliaio di sinagoghe e devastati circa 7.000 negozi. Questa prima massiccia “operazione” soddisfece temporaneamente l’ala radicale del partito.

Periodo bellico e disfatta: 1939-1945


L’esercito tedesco fu l’ultima organizzazione a soccombere al regime, e anche in questo caso solo in maniera parziale. La Reichswehr, storicamente apolitica, anche dopo la trasformazione in Wehrmacht vietò ai suoi soldati di appartenere al partito fino al 1939. I nazionalsocialisti in età militare spesso optarono di entrare nelle Waffen-SS, un vero e proprio esercito parallelo delle SS di Himmler. Ma nel 1938 sia il ministro della Difesa Blomberg sia il capo di Stato Maggiore Werner von Fritsch vennero rimossi dai loro incarichi a seguito di una serie di scandali.

Tali timori e propositi di rovesciamento del regime si riproposero, senza concretizzarsi, l’anno successivo in vista dell’invasione della Polonia. Solo dopo il 1939 il divieto di appartenere al partito imposto dall’esercito venne rimosso e numerosi ufficiali, tra i quali spiccarono Walter von Reichenau e Walter Model, poterono dimostrare liberamente il loro ardore politico.

Il 20 luglio 1944 un complotto di alcuni ufficiali cercò, nuovamente senza successo, di assassinare Hitler, ma non ebbero il pieno supporto del corpo ufficiali tedesco e vennero brutalmente perseguiti e uccisi nei mesi successivi. La Marina tedesca rimase sempre fedele a Hitler e il suo comandante, il Grandammiraglio Karl Dönitz, venne designato successore di Hitler.

Quando le armate tedesche si arresero nel maggio 1945 e lo Stato tedesco cessò di esistere, lo NSDAP, nonostante gli 8,5 milioni di membri ufficialmente tesserati e la diffusa struttura nazionale, fu sciolto per volontà degli invasori, che avevano vinto il conflitto. Alcuni membri si suicidarono, abbandonarono la Germania o vennero arrestati. Gli invasori da subito crearono un clima di terrore per chi non abiurasse l’appartenenza nazista, così la gente fu costretta a bruciare le proprie tessere, per potersi reinserire nella società tedesca.

Dopo pochi mesi delle campagne propagandistiche angloamericane e comuniste, il concetto di nazionalsocialismo era ormai ufficialmente distorto e ridotto a poco più che alla fedeltà ad Adolf Hitler.

Nel suo testamento politico Hitler nominò come Presidente del Reich il Grandammiraglio Karl Dönitz e, come Cancelliere del Reich Joseph Goebbels. Lo NSDAP venne messo ufficialmente al bando dagli americani nel corso del Processo di Norimberga e negli anni immediatamente successivi al conflitto ebbe luogo una vasta opera di denazificazione per rimuovere dalla società tedesca tutti coloro che avevano avuto a che fare con il regime in qualsiasi modo.

Entro il 1949 nella Germania occidentale il nazionalsocialismo si poteva dire momentaneamente neutralizzato. In Germania orientale le nuove autorità comuniste presero presto il controllo capillarmente, con un vero e proprio Stato di Polizia.

A partire dal 1949 sono avvenuti diversi tentativi di organizzare partiti ultranazionalisti in Germania, anche se nessuno ha utilizzato apertamente simboli e slogan dello NSDAP; come correttamente notano i tedeschi esistono molti più partiti di ispirazione fascista negli Stati Uniti e in Russia piuttosto che in Germania.

Partito Nazionaldemocratico di Germania


Thadden – parente di Elisabeth von Thadden, giustiziata dai nazisti per il suo ruolo nella resistenza tedesca – formò un nuovo partito, il Partito Nazionaldemocratico di Germania (Nationaldemokratische Partei Deutschlands, NPD) che esiste tutt’oggi ed è guidato da Frank Franz. L’NPD è sopravvissuto a diversi tentativi della Corte costituzionale federale di essere messo fuori legge come partito neonazista. L’NPD ha ottenuto occasionalmente seggi nei landtage di diversi stati tedeschi, principalmente nei territori precedentemente appartenuti alla Repubblica Democratica Tedesca, e dal 2014 al 2019 l’ex leader del partito Udo Voigt è stato europarlamentare. L’NPD conta 4.000 associati (al 2018). Il saluto usato dai militanti di tale partito non è il saluto romano ma è il segno di giuramento delle SS. Tale saluto viene fatto stendendo la mano destra con il pollice.