I Nibelunghi – La Mitica Saga ed il suo impatto Travolgente sull’Inconscio Collettivo

Nibelunghi (“Popolo delle nebbie”, in norreno Niflúngar) è il nome dato dalla tradizione germanica a una stirpe mitologica di nani che viveva sotto terra e conosceva i segreti della fusione del ferro. Secondo il Nibelungenlied tale popolo era detentore di un vastissimo tesoro, in seguito conquistato dall’eroe Sigfrido; di qui il nome Nibelunghi passa ad indicare tutti i possessori del leggendario tesoro e soprattutto i principi dei Burgundi, Günther (anche conosciuto come Gunnarr o Gundicaro) e Hagen (Högni), designati anche con il patronimico “Gjúkungar” (figli di Gjúki).


Nascita del mito

Non si sa chi abbia raccontato per primo le imprese dei Nibelunghi e da chi siano state trascritte. Il nucleo mitologico originario si è probabilmente formato intorno agli eventi del V-VI secolo, in particolare alla guerra tra i Burgundi e gli Unni. Dai Nibelunghi sarebbe infatti derivata la stirpe regale dei Burgundi, la popolazione che nel V secolo formò il primo nucleo di un regno romano-barbarico sulla riva sinistra del Reno.

Le prime forme di narrazione scritta che raccontano le vicende dei Nibelunghi risalgono al XIII secolo.

La materia nibelungica è trattata in numerosissime opere, ma se ne distinguono due filoni principali, la tradizione germanica e quella nordica.

La canzone dei Nibelunghi (in tedesco Nibelungenlied) vasto poema epico tedesco dell’inizio del XIII secolo.


Questi racconti fanno parte dell’Edda Poetica norrena, raccolta di poesia eroica e mitologica scritta in Islanda nel XIII secolo, in particolare:


Grípisspá (La profezia di Grípir), in cui Grípir, zio di Sigfrido, predica al nipote il suo futuro


Reginsmál (Il discorso di Reginn), in cui si narra l’infanzia di Sigfrido, educato dal fabbro Reginn


Fáfnismál (Il discorso di Fáfnir), in cui si narra di come Sigfrido uccise il drago Fáfnir


Sigrdrífomál (Il discorso di Sigrdrífa), in cui si narra il primo incontro tra Sigfrido e Brunilde


Brot af Sigurðarkviðo (Frammento del carme di Sigurðr), in cui si racconta cosa accadde dopo la morte di Sigfrido


Guðrúnarkviða in fyrsta (Il primo carme di Guðrún), in cui Guðrún piange la morte di Sigfrido;
Sigurðarkviða in skamma (Il carme breve di Sigurðr), in cui si narrano le vicende di Sigfrido fino alla morte di Brunilde


Helreið Brynhildar (Il viaggio di Brynhildr verso gli inferi), in cui si narra della disputa tra Brunilde e una gigantessa sulla soglia di Hel (gli Inferi)


Guðrúnarkviða önnor (Il secondo carme di Guðrún), in cui Gudrun narra a Teodorico il grande i propri dolori;
Guðrúnarkviða in þriðja (Il terzo carme di Guðrún), in cui Gudrun, accusata di tradire il marito Atli, prova la propria innocenza


Oddrúnargrátr (Il lamento di Oddrún), in cui Oddrún, sorella di Attila, piange la morte di Gunnarr, suo amante


Atlakviða in grœnlenzka (Il carme groenlandese di Atli), in cui si narra la strage dei principi Niflúngar


Atlamál in grœnlenzka (La canzone groenlandese di Atli), in cui si narra la strage dei principi Niflúngar e la vendetta di Guðrún


Guðrúnarhvöt (L’incitamento di Guðrún), in cui Guðrún incita i figli a vendicare la morte di loro sorella


Hamðismál (Il discorso di Hamðir) in cui si narra la morte dei figli di Guðrún


la Skáldskaparmál, la seconda parte dell’Edda in prosa, opera in prosa del XIII secolo sull’arte poetica. E’ in questa sezione dell’opera Snorri Sturluson spiega il significato di numerosi Kenningar (metafore), raccontando la leggenda che ne sta alla base: nello spiegare i Kenningar per oro narra la leggenda dell’oro dei Niflúngar


la Saga dei Völsungar, opera islandese in prosa derivata dai carmi eddici eroici dell’Edda poetica (XIII secolo)

Altre opere di minore importanza che trattano lo stesso mito sono

Þiðreks saga af Bern, opera norvegese in prosa che raccoglie i racconti riguardanti Þiðrekr af Bern (XIII secolo): tra essi vi sono anche le vicende di Sigfrido e dei Niflúngar;
Diu Klange o Nibelungenklage (Il lamento dei Nibelunghi), opera in poesia che riprende la canzone dei Nibelunghi;
Nornagests þáttr (Racconto di Nornagestr), segmento della Saga di Óláfr Tryggvason, in cui il misterioso ospite di re Óláfr Nornagestr narra le vicende di Sigfrido e di altri eroi da lui conosciuti durante la sua lunghissima vita; tale racconto riprende quasi letteralmente diversi passi dell’Edda poetica, aggiungendo tuttavia anche elementi nuovi alla narrazione, come il duello tra Sigfrido e il gigante Starkaðr;
Das Lied Vom Hürnen Seyfrid (Il canto di Seyfrid dalla pelle di corno), opera tedesca in poesia, risalente al XVI secolo, che narra la giovinezza di Sigfrido; in quest’opera Sigfrido uccide un drago e si cosparge il corpo con le corna fuse della creatura, rendendo la sua pelle dura come il corno; in seguito il giovane eroe affronta un secondo drago che ha rapito la principessa Krimhild, uccidendo anche il gigante Kuperan e impossessandosi del tesoro del re dei nani Nybling (Nibelungo).
Historia Vom Dem Gehörnten Siegfried (La storia di Siegfried dalla pelle di corno), trasposizione di prosa del Das Lied Vom Hürnen Seyfrid;
Rosengarten zu Worms (Il Giardino delle Rose a Worms), poema epico medio alto germanico in cui si narra del torneo che vide Dietrich von Bern e i suoi compagni affrontare Sigfrido e i principi Burgundi;
Biterolf und Dietleib (Biterolf e Dietleib), poema del ciclo di Dietrich von Bern, in cui i campioni di Teodorico il Grande affrontano i principi di Worms e Sigfrido per vendicare un torto subito dal cavaliere Dietleib.

Regin Smiður, Brinhildar Táttur e Høgna Táttur, canti delle isole Fær Øer che ripercorrono l’intera vicenda di Sigfrido e dei figli di Gjúki, Gunnar e Høgni;
Grimilds Hæven (La vendetta di Grimild), ballata danese composta presumibilmente nel XIII o XIV secolo e trasmessa dapprima oralmente; fu messa per iscritto nel XVI secolo da Anders Sørensen; vi si narra come Kremold (Crimilde) inviti Gynter (Gunther), Godemaro (Gernot), Hagen e Falquor (Volker), con l’intenzione di ucciderli per vendicare la morte del marito Sigfrido, ucciso tempo prima da Hagen. Il sanguinoso scontro con re Kanselin (assimilabile forse ad Attila) porta alla morte di tutti i cavalieri, Kanselin compreso; il figlio di Hagen, Rancke, vendicherà in seguito la morte del padre.
I personaggi sono noti con nomi diversi nelle differenti tradizioni e talvolta vi sono differenze anche nel ruolo che svolgono nella storia.

Sigfrido, Sivrit nella canzone dei Nibelunghi e nella maggior parte dei testi tedeschi antichi, Sigurðr in lingua norrena, Seyfrid nel Der Hürnen Seyfrid, Sjúrður nei canti delle isole Fær Øer, Seifrid nel Grimilds Hæven: è l’eroe uccisore del drago e possessore di uno smisurato tesoro; dopo avere promesso eterno amore a Brunilde sposa la principessa Burgunda Crimilde; Brunilde ne ordina allora la morte e l’eroe viene tradito e ucciso dai fratelli della moglie.

Crimilde, Kriemhild nella canzone dei Nibelunghi, Guðrún nei testi norreni e canti faroesi, Grimhildr nella Þiðreks saga af Bern, Krimhild nel Der Hürnen Seyfrid, Kremold nel Grimilds Hæven: è la principessa dei Burgundi, sorella del re Gundicaro e sposa dell’eroe Sigfrido; alla morte di quest’ultimo va in moglie ad Attila, che opererà la strage dei principi Burgundi; nella tradizione germanica, è Crimilde stessa ad architettare la morte dei fratelli, desiderosa di vendicare il marito, in quella norrena lei cercherà invece di salvare i parenti dalle oscure macchinazioni del re degli Unni.
Brunilde, Brünhild nel Nibelungenlied, Brynhildr o Sigrdrífa nei testi norreni, Brinhild nei canti faroesi: è una principessa guerriera, una Valchiria nella tradizione norrena; aveva promesso il suo amore a chi avesse superato determinate prove, delle quali il solo Sigfrido si era dimostrato all’altezza; Sigfrido tuttavia, usa la magia per aiutare Gundicaro a conquistare la fanciulla: sentendosi tradita, Brunilde ordina la morte dell’eroe, da lei amato, ma, dopo che questi è stato tradito e ucciso, la donna si uccide a sua volta. Nella tradizione norrena è sorella di Attila.

Gundicaro nel Nibelungenlied, Gunnarr nella tradizione norrena, Gunnar in quella faroese, Gynter nel Grimilds Hæven: è il re dei Burgundi, detti talvolta Nibelunghi; dopo aver conquistato con l’inganno la mano di Brunilde è istigato dalla moglie a ordinare la morte del cognato Sigfrido; dopo essersi riconciliato con la sorella Crimilde, dà quest’ultima in sposa ad Attila; invitato a banchetto dal re degli Unni, cade nel tranello di quest’ultimo che vuole impossessarsi del tesoro dei Nibelunghi, un tempo appartenuto a Sigfrido; nella tradizione norrena viene gettato nella fossa dei serpenti e muore a causa del morso velenoso di una vipera, in quella germanica viene decapitato dalla sorella, ancora desiderosa di vendicare la morte del marito.

Hagen nella canzone dei Nibelunghi, Högni nei testi in lingua norrena: è il più astuto e ingannevole dei Burgundi, nella tradizione norrena è fratello o fratellastro di Gunther, mentre in quella germanica è vassallo di quest’ultimo; egli ordisce la morte di Sigfrido, uccidendolo di persona nella tradizione germanica e affidando il compito a Godemaro in quella norrena; a differenza di Gundicaro egli non tenta di riappacificarsi con Crimilde dopo il delitto, ma, pur essendo più prudente e lungimirante del suo re, subisce la stessa sorte, morendo alla corte di Attila; nella tradizione norrena gli viene strappato il cuore, in quella tedesca è decapitato da Crimilde, nella Þiðrekr saga af Bern muore per le ferite riportate in seguito allo scontro con Þiðreks af Bern.

Godemaro nel Nibelungenlied, Gernoz nella Þiðreks saga af Bern, Hjarnar nei canti delle isole Fær Øer, Gierlo nel Grimilds Hæven, può trovare un corrispettivo in Gotthormr o Gothormr dei testi norreni, mentre nella Þiðrekr saga af Bern Guthormr è un personaggio del tutto marginale ma distinto da Gernoz: egli è un principe dei Burgundi fratello (fratellastro nell’Edda in prosa) di Gundicaro e Crimilde; nella tradizione norrena è l’uccisore di Sigfrido; colpisce l’eroe mentre questi si trova a letto o, secondo altre fonti, mentre è nel bosco: Sigfrido prima di morire taglia a metà con la spada il proprio assassino. Nella tradizione germanica è un principe nobile e valoroso, contrario all’assassinio di Sigfrido, e, alla corte di Attila, muore uccidendo il margravio Rüdiger.

Giselcaro, Gislher nella Þiðrekssaga, Gisler nei canti faroesi: è il più giovane dei principi Burgundi, assente nella tradizione norrena; viene fidanzato alla figlia del margravio Rüdiger, contro il quale nella canzone dei Nibelunghi si rifiuta di combattere, e del quale, nella Þiðreks saga af Bern è, al contrario, l’uccisore.
Attila, Etzel nella canzone dei Nibelunghi, Atli nei testi norreni, Attila nella Þiðreks saga af Bern, Artala nei canti delle Fær Øer: è il secondo marito di Crimilde e invita alla propria corte i principi Burgundi, causandone, più o meno direttamente a seconda delle tradizioni, la morte. Secondo la Þiðreks saga af Bern e lo Høgna Táttur, canto delle Fær Øer, viene ucciso dal figlio di Hagen, che lo chiude nella sala dove era nascosto il tesoro dei Nibelunghi; nell’Edda poetica e nella Saga dei Völsungar è Crimilde (Guðrún) ad ucciderlo.

Teodorico da Verona, chiamato Dietrich von Bern nei testi germanici (Bern è il nome medievale di Verona), Þiðrekr af Bern nella Þiðreks saga af Bern, Þjóðrekr nell’Edda poetica, Tíðrek nei canti faroesi: è l’eroe protagonista di un ciclo proprio di poemi e leggende; nelle vicende dei Nibelunghi ha un ruolo importante nella tradizione germanica: si racconta infatti che abbia combattuto più volte contro Sigfrido, uscendo sempre vincitore dai duelli; ospite di Attila, si trova controvoglia a combattere contro i principi Burgundi, ai quali era legato da amicizia, prendendo prigionieri Gunther e Hagen.

Reginn, Mimir nella Þiðreks saga af Bern, non ha nome in Der Hürnen Seyfrid: è il fabbro-precettore di Sigfrido, in alcuni testi descritto come un nano; divenuto invidioso del figlioccio decide di liberarsene facendolo mangiare da suo fratello Fáfnir, il drago; Sigfrido, scoperto l’inganno, uccide entrambi i fratelli.

Fáfnir, Regin nella Þiðreks saga af Bern, senza nome nella canzone dei Nibelunghi: è il drago ucciso da Sigfrido; è fratello di Reginn e possiede un enorme tesoro, di cui poi si impossessa il suo uccisore. Nel Der Hürnen Seyfrid i draghi uccisi da Sigfrido sono almeno due, ma senza nome.

Uote nella canzone dei Nibelunghi, Grimhildr nei testi norreni, Oda nella Þiðrekssaga: è la madre di Gundicaro, Crimilde e degli altri principi Burgundi; nella tradizione norrena è una potente maga.


Riproposizione in età moderna

In età moderna i manoscritti contenenti le diverse versioni della materia nibelungica vengono riscoperti in Germania e fatti oggetto di un accurato studio antropologico volto a meglio definire ed edentificare le prerogative del carattere germanico, tema proprio del nazionalismo tedesco.

Nel 1755 Johann Jakob Bodmer trovò un manoscritto del Nibelungenlied e, nel clima preromantico e in seguito romantico, il poema diventò il poema nazionale del popolo tedesco.

La più celebre rivisitazione del mito nibelungico è indubbiamente quella effettuata da Richard Wagner, che scrive e mette in musica il ciclo L’anello del Nibelungo, la cui composizione si svolge tra il 1848 e il 1874. È da notare comunque che il capolavoro wagneriano, letterario oltre che musicale, è sorto dalla fusione di vari miti ed elementi derivanti da numerose fonti più antiche del Nibelungenlied e meno dipendenti di questo dal pensiero cristiano: le saghe islandesi e scandinave sono la più vera e autentica fonte mitologica dell’Anello del Nibelungo. Quest’opera immane nasce nel clima del ’48: il ribelle Sigfrido che spezza la lancia del padre degli Dei, Wotan, simbolicamente accende la speranza di un cambiamento radicale.

Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw vide in Siegfried una trasposizione artistica del rivoluzionario anarchico russo Bakunin.

J. R. R. Tolkien ha riscritto la saga dei Nibelunghi durante i suoi anni di studi riguardanti la letteratura medievale Norrena, ispirandosi alle fonti Eddiche, cioè alle versioni islandesi della saga. Suo figlio Christopher Tolkien ha raccolto questi suoi appunti in un libro, uscito nel 2009, chiamato La leggenda di Sigurd e Gudrún.

Il tentativo cinematografico più riuscito di mettere in scena la saga dei Nibelunghi è stato quello del regista tedesco Fritz Lang, che con il lungo film muto in due parti Die Nibelungen ha creato un capolavoro del cinema.

Nazismo Esoterico e Nibelunghi

Ex-diplomatico del Cile, Miguel Serrano è una delle figure più importanti dell’hitlerismo esoterico. Autore di numerosi libri tra cui “Il nastro d’oro: Hitlerismo Esoterico” (1978) e “Adolf Hitler, l’ultimo Avatar” (1984), Serrano appartiene alla schiera di esoteristi nazisti che considerano il “sangue ariano” come avente un’origine extraterrestre: egli trova le prove mitologiche di queste origini sovrumane di una parte degli esseri umani nell’immagine dei Nephilim, i cosiddetti “angeli caduti” descritti nel Libro della Genesi e contenuto nella Sacra Bibbia.

Suggerisce inoltre l’ipotesi che l’improvvisa comparsa dell’uomo di Cro-Magnon, con i suoi alti meriti e imprese artistico-culturali, durante la preistoria europea sia in realtà la registrazione del passaggio di uno di questi divya (un termine della lingua sanscrita per indicare il dio-uomo/Semidio), discese sul pianeta Terra opporsi e sostituire a poco a poco l’essere inferiore costituito dall’uomo di Neanderthal, quest’ultimo essendo la manifesta creazione abominevole del demiurgo terrestre (inteso come un specie di divinità inferiore nonché come il dio degli ebrei).

Di tutte le razze presenti sulla Terra, secondo tale Tradizione, solamente gli ariani sarebbero atti a preservare la memoria dei loro antenati divini, tramite la nobiltà ancestrale del proprio sangue che è ancora oggi mescolato con la luce proveniente dal Sole nero, per Serrano inoltre un vero e proprio corpo celeste e patria originale degli ariani. Tutte le altre razze sono la progenie degli uomini-bestia provenienti dall’opera del demiurgo originario del pianeta.

Serrano sostiene una tale idea dai vari miti che attribuiscono una qualche ascendenza divina ai popoli ariani, come ad esempio la storia del dio della mitologia azteca chiamato Quetzalcoatl, giunto sulla Terra proveniente direttamente da Venere (astronomia). Egli cita anche l’ipotesi pseudoscientifica (a suo dire di tutto rispetto, ma mai ampiamente accettata), di Bal Gangadhar Tilak, che vuole esser stata la zona artica la patria primordiale degli indo-ariani e l’identificazione del centro terreno da cui partirono le prime migrazioni ariane come l’antico continente perduto di Iperborea. In questo modo gli dei extraterrestri di Serrano sono identificati come “iperboei”.

Nel tentativo di aumentare lo sviluppo spirituale delle razze collegate alla terra, gli Iperborei o Divyas avrebbero subito una tragica battuta d’arresto. Rifacendosi ad una delle storie narrate nel Libro di Enoch, Serrano racconta la vicenda di un gruppo di rinnegati semidei i quali hanno commesso il peccato di unirsi sessualmente alle razze inferiori e con gli animali terrestri creando così il meticciato, diluendo così la purezza del sangue che porta luce ai suoi possessori e diminuendo al contempo, quale diretta conseguenza, la consapevolezza divina dell’intero pianeta.

Il concetto di Iperborea ha per Serrano contemporaneamente un significato razziale ed uno mistico. La sua convinzione è che Hitler si sia recato a Shambhala, una città sotterranea che egli colloca in Antartide, precedentemente, al Polo Nord ed in Tibet, dove entrò in contatto con gli dei iperborei e da dove sorgerà di nuovo un giorno al comando di un’armata di UFO. Guiderà allora le forze della luce o Iperborea, associata talvolta con Vril, alla vittoria contro quelle delle tenebre, che inevitabilmente includono, per Serrano, gli Ebrei adoratori di Jehova, nella battaglia finale, quella che aprirà l’era del Quarto Reich.

Horten 229 restaurato

Di tale interpretazione, c’è da dire che è probabile si tratti di una metafora, un’allegoria simbolica, dove anche gli UFO assumono una connotazione metaforica, essendo oggetti che permettono di volare, quindi, simbolicamente, di trascendere elevandosi dalla propria condizione.

Horten 229

Questa implicita interpretazione, è da ritenersi senz’altro deliberata, a prescindere dall’esistenza di oggetti simili al vago concetto di UFO, come il fenomenale HO-229 della Luftwaffe, tecnologia rubata dagli americani dopo il conflitto ed impiegata nel loro Northrop Grumman B-2 Spirit, che è in uso ancora oggi nell’aviazione statunitense.

Northrop Grumman B-2 Spirit

Secondo Nicholas Goodrick-Clarke, “Serrano segue la tradizione gnostica catara (anni 1025-1244) identificando in Jehovah, il Dio dell’Antico Testamento, il demiurgo malvagio. Come i dualisti medievali, questa eresia ripudiò Jehova come un dio falso e un mero esecutore nei confronti del vero Dio, molto lontano dal regno di mortali. Questa dottrina gnostica chiaramente conduceva a pericolosissime implicazioni nei confronti del popolo ebraico. Dato che Jehova era, a tutti gli effetti, la loro divinità primigenia, ne conseguiva che essi fossero a tutti gli effetti gli adoratori del demonio. Assurgendo così gli ebrei al ruolo di figli di Satana, l’eresia catara riuscì a dare all’antisemitismo lo status di dottrina teologica, con tanto di vasta base cosmologica. Se gli Ariani Iperborei sono l’archetipo e i discendenti di sangue di quelli che Serrano chiama divyas (provenienti dal Sole nero), è ovvio che l’archetipo del Signore dell’Oscurità ha bisogno di un’adeguata razza antagonista. Il demiurgo avrebbe dunque trovato negli Ebrei il popolo più adatto a divenire il suo archetipo”. Lo studioso delle religioni Frederick C. Grant e Hyam Maccoby enfatizzano, nella visione dualistica gnostica, che

“gli Ebrei erano visti come il popolo eletto dal demiurgo per avere lo speciale ruolo storico di fermare l’operato salvifico degli emissari del Vero Dio”

Serrano quindi considera Hitler come uno dei più grandi emissari di questo Dio, rifiutato e crocifisso dalla tirannia della massa ebraicizzata come altri rivoluzionari portatori di Luce prima di lui.

Serrano, nella sua ideologia, ha anche riservato un posto speciale alle SS le quali, nei loro tentativi di ricreare l’antica stirpe dell’Uomo-Dio ariano, sono considerate sopra qualunque tipo di moralità e dunque giustificate nelle loro azioni, visto anche l’esempio della “distaccata violenza” anti-umanitaria insegnata nell’induismo ariano del Bhagavad Gita.

L’Inconscio Collettivo Ariano


Nella suo libro “Black Sun: Aryan Cults, Esoteric Nazism and the Politics of Identity” (2002) Nicholas Goodrick-Clarke riporta come Carl Gustav Jung ebbe modo di descrivere Hitler

“Come un posseduto dall’archetipo dell’inconscio collettivo ariano e non poté fare a meno di obbedire ai comandi di una voce interiore”

In una serie di interviste tra il 1936 e il 1939, Jung caratterizzata Hitler come un archetipo, che spesso si manifesta con l’esclusione completa della personalità individuale:

“Hitler è pertanto un vaso spirituale, un semi-divinità, ancora meglio, un Mito. Invece Benito Mussolini è soltanto un uomo…il Messia della Germania che insegna la virtù della spada. La voce che sente è quella dell’inconscio collettivo della sua razza”

Il suggerimento dato da Jung che Hitler fosse la personificazione di un inconscio collettivo ariano ha profondamente interessato ed influenzato Serrano.