Questa è una storia che si alterna tra scienza e passione, tra storia e consapevolezza e tra ragione e mistero.
Un anno prima dello scoppio della guerra, cinque giovani tedeschi partirono alla volta del tetto del mondo. Erano geologi, biologi, antropologi, ma soprattutto membri delle SS.
Hitler è salito al potere. La nuova bandiera della Germania sventola per le strade la svastica, un simbolo mistico della primitiva storia europea. La scelta di questo emblema fu in linea con un programma politico intrecciato ad un esoterismo sofisticato e pregno delle antiche tradizioni pangermaniche.
Uno dei più appassionati fautori di questa nuova mitologia fu Eric Himmler, capo delle SS. Nella visione di Himmler, le SS erano più che una semplice organizzazione politico-militare, ma bensì un Ordine Sacro, consacrato con rituali antichi e da una simbologia estremamente potente ed evocativa, in grado di risvegliare consapevolezze ancestrali e rimuovere inibizioni mentali profane, poco compatibili con le menti illuminate di chi voglia comprendere sé stesso ed il proprio ruolo nel mondo.
Tra i luoghi di culto che Himmler fece costruire, vi era un viale di dolmen, per commemorare i Sassoni e Carlo il Grande, in memoria quindi dei loro antenati tedeschi e del loro culto pagano, al quale i Reich Fuhrer delle SS giuravano fedeltà.
Himmler decise di mostrare ai tedeschi i loro veri progenitori e per farlo si avvalse di un film, che dipingesse le vere origini della razza Ariana. Lo schermo divenne una finestra aperta su un passato, ricostruito attraverso profondi studi storici ed antropologici, i quali includevano la relazione tra il mondo teutonico e i popoli germanici, alla loro prerogativa emotiva, alla loro terra natia, al suolo e alla foresta. La natura è un luogo mitico, una sorta di cattedrale primordiale.
Antichi simboli divennero i simboli della nuova Era. Nella sua cerchia, Himmler era considerato un eccentrico, ma allo stesso tempo un competente e brillante appassionato esoterico.
Nel castello di Asburgo, si svolgevano i rituali occulti cui prendevano parte gli uomini della SS di Himmler.
Essi venivano nominati combattenti Iniziati nazional socialisti, secondo la tradizione ispirata dalle leggende medioevali di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Himmler fece costruire Babel Burg come il nuovo castello del Santo Graal ed era considerato l’Alto Sacerdote di una nuova fede, che avrebbe dovuto rinnovare il presente utilizzando idee del passato.
Nessun periodo nella storia dell’umanità poteva considerarsi escluso dalle sue ricerche, dall’età della pietra al Medioevo. Himmler segui ogni traccia del fil rouge storico e tradizionale proprio della razza ariana.
Nell’intenzione di istituzionalizzare tali scopi, nel 1935 Himmler aprì la Fondazione SS Hansen Erbe e stabilì il proprio quartier generale in una villa di Berlino che oggi non esiste più. Anche durante il Terzo Reich questa potente istituzione era di fatto conosciuta solo da poche persone. Dopo la guerra l’intera istituzione scomparve insieme all’edificio, almeno fino a quando gli studi condotti dallo storico Michel Kaiser, insegnante all’Università di Toronto, fecero riemergere dall’oblio.
Ottengo così ciò che nel 1935 cominciò come una società con lo status di un club, rapidamente si trasformò in una grande istituzione. Il braccio della Herbert si spinse anche a scavare nei siti archeologici. L’archeologia si trovava proprio in cima alla lista dell’agenda del capo della SS. Famosi scienziati tedeschi avevano già scavato a Troia, Micene e Babilonia. Ora i loro successori avrebbero dovuto dissotterrare la prova dell’eredità teutonica dei tedeschi.
La Piramide di Cheope, che è considerato l’edificio più antico in tutta la terra, secondo i nazisti ricercatori del tempo, andrebbe collocata, come età, a decine di migliaia di anni fa, in un periodo remoto, e sarebbe stata opera di una razza civilizzata vissuta molto prima degli Egizi, dotata di un’incredibile conoscenza storica.
Le ricerche storiche non rivelano niente al riguardo di una razza tanto evoluta e si è costretti a prendere o a rifiutare tali suggerimenti utilizzando l’immaginazione. Il pubblico scoprirà che la razza ariana e la società da cui i tedeschi e gli europei provengono, è in realtà molto più antica di quanto si credesse. Dietro ad ogni scoperta del passato, dalle piramidi a Stonehenge, si suppone che ci sia l’esperienza teutonica.
Uno dei doveri più importanti del nuovo direttore della Fondazione fu procurare soldi, nonostante l’immenso potere di Himmler. Le risorse economiche della nell’Urbe erano assai modeste. Si stabilì contatti con la grande industria e con le banche, nella speranza di riuscire ad ottenere nuovi finanziamenti per le costose spedizioni.
Tra i luoghi sulla terra che la Malherbe presa in considerazione per le sue indagini storiche, c’era anche il Tibet.
Questa terra misteriosa sul tetto del mondo, che nel 1930 era pressoché inesplorata, sarebbe diventata la destinazione di una spettacolare spedizione dalla metà degli anni 30.
Gli scienziati SS girarono il mondo alla ricerca delle tracce della perduta razza teutonica dominatrice. Erano influenzati dalla cosiddetta teoria del ghiaccio cosmico, sostenuta dall’ingegnere austriaco Hans Orbiter, il quale sosteneva l’esistenza della mitica isola di Atlantide, patria di una grande razza dominante, i cui superstiti, sosteneva, si sarebbero poi dispersi in tutto il mondo.
Partendo dalla conoscenza tradizionale, i superstiti di Atlantide potevano essersi sparsi in tutto il mondo, come in Cina, in Sudamerica, presso il lago Titicaca, dove il ricercatore delle SS Edmund Keys trovò delle rovine nella cui architettura scoprì la disciplina interna.
I muri di eccellente fattura potevano essere stati costruiti, secondo la sua opinione, solo da persone assai più evolute delle civiltà native americane.
Il sospetto era però che la razza dominante non fosse solo presente sugli altopiani delle Ande, ma anche in Etiopia e sul tetto del mondo in Tibet e come già menzionato, in
Cina, dove vennero scoperte le Mummie di Tarim, un
gruppo di mummie, di diverse epoche e condizioni, rinvenute nella valle del fiume Tarim (Cina del nord-ovest). La peculiarità di tali reperti è che presentano caratteristiche caucasiche (fra cui spesso sono riconoscibili capelli biondi o biondo-rossicci) in netto contrasto con le popolazioni mongole quivi residenti.
Il gruppo comprende, fra l’altro, la cosiddetta “Bella di Loulan” (circa 1800 a.C.) ed il più giovane “Uomo di Charchan” (circa 1000 a.C.).
All’inizio del 20° secolo, esploratori europei come Sven Hedin, Albert von Le Coq e Sir Aurel Stein hanno tutti raccontato le loro scoperte di corpi essiccati nella loro ricerca di antichità in Asia centrale. Da allora sono state trovate e analizzate numerose altre mummie, molte delle quali ora esposte nei musei dello Xinjiang. La maggior parte di queste mummie sono state trovate all’estremità orientale del bacino del Tarim (intorno all’area di Lopnur, Subeshi vicino a Turpan, Loulan, Kumul) o lungo il bordo meridionale del bacino del Tarim (Khotan, Niya e Cherchen o Qiemo).
Le prime mummie di Tarim, trovate a Qäwrighul e datate al 1800 a.C., sono di tipo fisico caucasico la cui affiliazione più vicina è alle popolazioni dell’età del bronzo della Siberia meridionale, del Kazakistan, dell’Asia centrale e del Basso Volga.
Il cimitero di Yanbulaq conteneva 29 mummie datate dal 1100 al 500 a.C., 21 delle quali sono mongoloidi, le prime mummie mongoloidi trovate nel bacino del Tarim, e otto delle quali sono dello stesso tipo fisico caucasico trovato a Qäwrighul.
Le mummie maggiormente degne di nota sono l’ “Uomo Chärchän” alto quasi 2 metri e dai capelli rossi o “Ur-David” (1000 a.C.); suo figlio (1000 a.C.), un bambino di 1 anno con i capelli castani che sporgono da sotto un berretto di feltro rosso e blu, con due pietre posizionate sopra gli occhi; la “mummia di Hami” (1400–800 aC circa), una “bellezza dai capelli rossi” trovata a Qizilchoqa; e le “Streghe di Subeshi” (IV o III secolo a.C.), che indossavano cappelli conici di feltro nero lunghi 2 piedi (0,61 m) con tesa piatta.A Subeshi è stato trovato anche un uomo con tracce di un’operazione chirurgica sull’addome; l’incisione è cucita con punti di sutura in crine di cavallo.
Il deserto del Taklamakan è molto secco, il che ha contribuito notevolmente alla conservazione delle mummie.
Molte delle mummie sono state trovate in ottime condizioni, a causa dell’aridità del deserto e del disseccamento che produceva nei cadaveri. Le mummie condividono molte caratteristiche tipiche del corpo caucasico (statura alta, zigomi alti, occhi infossati) e molte di loro hanno i capelli fisicamente intatti, di colore variabile dal biondo al rosso al marrone scuro, e generalmente lunghi e lisci.
I loro costumi, e in particolare i tessuti, possono indicare un’origine comune con le tecniche di abbigliamento neolitiche indoeuropee o una tecnologia tessile comune di basso livello.
L’esperta tessile Elizabeth Wayland Barber, che ha esaminato il tessuto in stile scozzese, discute delle somiglianze tra esso e frammenti recuperati dalle miniere di sale associate alla cultura di Hallstatt. A causa delle condizioni aride e dell’eccezionale conservazione, sono stati identificati tatuaggi su mummie provenienti da diversi siti intorno al bacino del Tarim, tra cui Qäwrighul, Yanghai, Shengjindian, Shanpula (Sampul), Zaghunluq e Qizilchoqa.
È stato affermato che i tessuti trovati con le mummie sono di un primo tipo di tessuto europeo basato su strette somiglianze con i tessuti frammentari trovati nelle miniere di sale in Austria, risalenti al secondo millennio a.C.
L’antropologa Irene Good, specialista nei primi tessuti eurasiatici, ha notato che il motivo in twill diagonale intrecciato indicava l’uso di un telaio piuttosto sofisticato e ha affermato che il tessuto è “l’esempio più orientale noto di questo tipo di tecnica di tessitura”.
Studi Genetici
Nel 1995, Mair affermò che “le prime mummie nel bacino del Tarim erano esclusivamente caucasoidi, o europoidi” con i migranti dell’Asia orientale che arrivavano nelle parti orientali del bacino del Tarim circa 3.000 anni fa mentre i popoli uiguri arrivarono intorno all’anno 842. Nel tentativo per risalire alle origini di queste popolazioni, il team di Victor Mair ha suggerito che potrebbero essere arrivate nella regione attraverso le montagne del Pamir circa 5.000 anni fa.
Mair a questo proposito, ha affermato che:
I nuovi reperti impongono anche un riesame di vecchi libri cinesi che descrivono figure storiche o leggendarie di grande statura, con occhi blu o verdi infossati, nasi lunghi, barbe folte e capelli rossi o biondi. Gli studiosi che avevano tradizionalmente deriso questi resoconti, hanno dovuto ricredersi.
Nel 2007, il governo cinese ha permesso, a un team della National Geographic Society, guidato da Spencer Wells, di esaminare il DNA delle mummie. Wells è stato in grado di estrarre il DNA non degradato dai tessuti interni. Gli scienziati hanno estratto abbastanza materiale da suggerire che il bacino del Tarim fosse abitato continuamente dal 2000 a.C. al 300 a.C. e i risultati preliminari indicano che le persone, piuttosto che avere un’unica origine, provenivano dall’Europa, dalla Mesopotamia, dalla Valle dell’Indo e da altre regioni ancora da determinare.
Uno studio del 2008 dell’Università di Jilin ha mostrato che la popolazione Yuansha ha relazioni relativamente strette con le popolazioni moderne dell’Asia centromeridionale e della valle dell’Indo, nonché con l’antica popolazione di Chawuhu.
Tra il 2009 e il 2015, i resti di 92 individui trovati nel complesso della tomba di Xiaohe sono stati analizzati per i marcatori Y-DNA e mtDNA. Le analisi genetiche delle mummie hanno mostrato che i lignaggi materni del popolo Xiaohe provenivano sia dall’Asia orientale che dall’Eurasia occidentale, mentre i lignaggi paterni provenivano tutti dall’Eurasia occidentale.
L’analisi del DNA mitocondriale ha mostrato che i lignaggi materni portati dalle persone a Xiaohe includevano gli aplogruppi del mtDNA H, K, U5, U7, U2e, T e R, che ora sono più comuni nell’Eurasia occidentale. Sono stati trovati anche aplogruppi comuni nelle popolazioni moderne dell’Asia orientale: B5, D e G2a. Gli aplogruppi ora comuni nelle popolazioni dell’Asia centrale o siberiana includevano: C4 e C5. Gli aplogruppi in seguito considerati tipicamente dell’Asia meridionale includevano M5 e M.
“Donatori Tocharian”, con capelli chiari e occhi chiari, affresco del VII secolo d.C., Qizil, Tarim Basin, Xinjiang, Cina.
Mallory e Mair (2000) propongono il movimento di almeno due tipi fisici caucasici nel bacino del Tarim. Gli autori associano questi tipi rispettivamente ai rami Tocharian e Iranian (Saka) della famiglia linguistica indoeuropea.
L’analisi della biodistanza delle metriche craniche di BE Hemphill (citata in Larsen 2002 e Schurr 2001) ha messo in dubbio l’identificazione della popolazione del bacino del Tarim come europea, osservando che la popolazione precedente ha strette affinità con la popolazione della valle dell’Indo e la popolazione successiva con l’Oxus Popolazione della valle del fiume.
Già Plinio il Vecchio riportava l’esistenza di popolazioni alte e dai capelli e occhi chiari al di là dell’Himalaya. Analogamente l’esploratore cinese del 126 a.C. Zhang Qian trovò influenze greche in alcuni regni in questa regione ad ovest della Cina. All’inizio del ventesimo secolo, gli esploratori europei che viaggiavano nell’Asia Centrale alla ricerca di antichità, dichiararono di avere visto mummie dalle caratteristiche occidentali, fotografate in seguito dall’archeologo Aurel Stein. Alla fine del 1980 nel bacino del Tarim (l’attuale Xinjiang), furono trovate, perfettamente conservate, mummie appartenenti ad antiche popolazioni indoeuropee lì residenti già nel secondo millennio a.C.
La scoperta ha suscitato notevoli dibattiti politico-culturali e mediatici perché dimostrerebbe che i primi abitatori della regione furono di origine caucasoide od europea e non asiatica; non manca la suggestiva ipotesi che siano stati questi popoli indoeuropei a far conoscere alla futura civiltà cinese la ruota, l’uso del carro e del cavallo ed i primi oggetti metallici e questo confermerebbe il filone teorico elaborato dai nazifascisti attraverso le loro ricerche storiche ed antropologiche.
Il romantico entusiasmo nazista per il Tibet invece, venne alimentato soprattutto dal viaggiatore svedese Sven Edin. Questi aveva intrapreso numerose spedizioni in Asia centrale. Lo svedese, fervente ammiratore della Germania nazista, fu anche un modello di virtù per il giovane e ambizioso scienziato tedesco Ernst Schäfer. Nato nel 1910, si laureò in ornitologia.
Schäfer godeva già di una discreta reputazione come esperto dell’Asia. Aderendo all’ideologia nazista della SS, intraprese la sua carriera all’interno dell’anno in Malherbe. Himmler utilizzò il nuovo scienziato per aumentare il suo prestigio.
La spedizione per il Tibet partì. Ernest Schäfer aveva contatti con industriali che appoggiarono generosamente il suo progetto. Il costo totale ammontava a 112.000 Reichmarks, una cifra davvero considerevole per l’epoca. La spedizione partì da Genova diretta verso l’India. Calcutta fu il primo scalo nel subcontinente indiano. Le autorità britanniche permisero alla spedizione tedesca di passare, anche se non erano del tutto entusiasti all’idea di avere dei tedeschi sul territorio coloniale della Corona.
La meta ambiziosa di Ernst Schäfer era la capitale del Tibet, la misteriosa Lhasa. Procedendo attraverso l’India settentrionale, la spedizione finì per salire lungo la catena montuosa più alta del mondo. Gran parte dell’attrezzatura che fino a quel momento era stata trasportata comodamente su rotaia, ora dovette essere trainata da persone ed animali da soma. A bordo l’attrezzatura per una macchina fotografica all’avanguardia era indispensabile perché serviva per fissare su pellicola l’ambiziosa operazione per un successivo sfruttamento propagandistico.
Negli anni ’30 una spedizione in Tibet rappresentava un rischio sottovalutato. Il terreno e la natura poco familiare si dimostrarono infidi. Per i cinque giovani tedeschi, questa divenne la più grande avventura della loro vita. Essi non dimenticarono mai chi dovevano ringraziare.
Schiffer rimase affascinato dal Tibet e lo apprezzò anche come una riserva di piante ed animali altrimenti estinti, fu il primo a catalogare la pecora blu e scovò anche un altro animale misterioso, il mitico Yeti, una creatura gigantesca dalle sembianze umane. Schaeffer fu il primo a risolvere l’enigma; Lo Yeti è semplicemente una rara specie di orso in grado di mutare il proprio aspetto a seconda dell’età. il quale da eretto, nella struttura, somiglia molto a quella umana.
Lo scienziato naturalista Schafer però rimase sempre più incantato dalla cultura tibetana. Fu affascinato da una popolazione che viveva ancora completamente immersa in un mondo quasi magico. Nel buddhismo tibetano non riscontrò però alcuna cultura pacifista. Al contrario, per lui quella gente era influenzata da terribili mostri e demoni assetati di sangue. Il filmato della spedizione mostra dettagliatamente la figura di Mancala, il dio tibetano della guerra, con il suo seguito di crani.
Il teschio tibetano era un simbolo del potere, che effettivamente compariva anche sulle uniformi delle SS, suggerendo la possibilità di una radice tradizionale comune e più antica di quanto si sapesse.
Ancora prima della spedizione, Himmler fu affascinato dall’apparente relazione tra il nazionalsocialismo e il buddhismo. Questo significato di parentela venne ricostruito all’Università di Monaco di Baviera, dove insegnava Walter Gualtiero, una delle figure di spicco all’interno Manherbe, il quale ipotizzò un legame di parentela spirituale tra Mein Kampf di Hitler e gli insegnamenti del Buddha. I viaggi SS in Tibet ebbero anche il compito di raccogliere ulteriori evidenze delle radici comuni tedesco-tibetane. Un obiettivo della ricerca perseguito soprattutto dal collega di Scheffer Bruno Becker.
Come antropologo, Becker era sempre interessato ai soggetti autoctoni da esaminare, specie perché il programma di ricerca sulla razza includeva anche la creazione di calchi facciali. Vennero esaminati più di 200 candidati.
La spedizione in Tibet venne portata a termine con la compilazione di risultati della loro ricerca antropologica, la quale affermava che i vari popoli della terra erano naturalmente predestinati ad essere o schiavi o sovrani, a seconda delle proprie prerogative genetiche. La figura degli Herren machen o superuomini che gli scienziati nazisti definirono, entrarono nella testa delle persone sotto il termine di Ariani. Una magnifica razza aborigena le cui tracce biologiche si sarebbero potute ritrovare anche in Asia, inclusa Cina e Tibet.
Becker fu l’uomo di Himmler, il caposquadra che Scheffer, costretto dal capo delle SS, dovette portarsi dietro catalogando i volti dei tibetani. Becker rischiò di far fallire l’intera spedizione in un primo tentativo di produrre maschere. Un tibetano fu colto dal panico sotto il getto di gesso e venne salvato solo all’ultimo istante da una morte per soffocamento. Ciononostante, una raccolta di teste tibetane venne comunque prodotta prima di rientrare in Germania.
Fino a quel momento la spedizione era stata un grande successo. Ora i cinque uomini della SS cominciarono a sperare di adempiere al grande sogno giungere a Lhasa, la leggendaria capitale del Tibet. Durante il viaggio, Ernst Schäfer aveva stabilito rapporti amichevoli con suor Basil Gould, riuscendo a strappare consensi all’ufficiale inglese.
Comunque, l’emissario di Sua Maestà a Lhasa, Doug Richardson, era un nemico dichiarato della Germania nazista.
Richardson però, non riuscì a fermare la spedizione. Nel gennaio 1939 i cinque giunsero alla meta. Piena d’orgoglio, la spedizione cavalcava per le strade della misteriosa capitale tibetana. Questi stranieri risvegliarono molta curiosità.
Furono veramente pochissimi gli europei che riuscirono ad entrare in quel mondo quasi inaccessibile.
Gli stranieri si spinsero all’interno del reame, non senza abilità diplomatica, Schäfer riuscì a convincere i capi tibetani della bontà della loro causa. I tedeschi padroneggiarono le complicate regole di etichetta tibetana e scoprirono le loro intime affinità con quella cultura esotica.
“Noi arrivammo come emissari, nel rispetto di una reciproca intesa“
Scrisse Ernst Schäfer. dato che anche per noi tedeschi la svastica è il simbolo più alto e più carico di significato sacro. La nostra visita ebbe luogo all’insegna dello slogan Incontro tra la svastica occidentale e orientale nell’amicizia e nella pace. Al cospetto della corte tibetana, Scheffer ricevette una lettera indirizzata a Sua Altezza Herr Hitler, Re dei tedeschi, in cui era scritto:
“Vi auguriamo benessere fisico, serenità, pace e la capacità di compiere buone azioni. Saluti da un Dio Re al Fuhrer di Berlino”
Nella potente aristocrazia tibetana, Ernst Schäfer vide un modello di comportamento adatto al sistema politico tedesco. Nel suo diario di viaggio riportò in una cosa i tibetani sono più avanzati di tutti i sovrani di questa terra nel loro modo di essere veri Re, assolutamente totalitari, carismatici, benvoluti e rispettati dalla popolazione. Essi conducono un orgoglioso stile di vita secondo un netto sistema patriarcale.
Schäfer utilizzò in questo modo i cavalieri tibetani per farne modelli per le truppe d’élite di Himmler. La vera passione di Ernst Dieter divenne però la religione tibetana e con Schäfer furono testimoni di un oracolo durante il quale uno sciamano predisse il futuro. Nella previsione dello sciamano, Londra e Berlino erano in fiamme e morte e distruzione avrebbero attanagliato gli inglesi e i tedeschi molto presto.
La profezia si avverò. Nel settembre 1939 le truppe tedesche attaccarono la Polonia. Himmler richiamò i suoi uomini. Per Ernst Scheffer il ritorno fu un trionfo. Era diventato la stella dell’anno in Manherbe, l’uomo di rappresentanza dell’ufficio di Himmler. Appena tornato alla propria scrivania, cominciò a pensare al suo prossimo viaggio in Tibet, questa volta con il sostegno militare. Schaeffer studiò un piano per l’esercito tibetano che con il suo antiquato apparato di guerra avrebbe marciato contro l’India britannica sotto il comando di 30 uomini della SS. Il progetto era futile e risultò evidente essere unicamente una scusa per fare ritorno in Tibet. Gli ufficiali militari rifiutarono di assecondarlo. Lo scoppio della guerra pose fine ai viaggi progettati da Schaeffer e a tutte le altre operazioni della Minerva che non superarono la semplice presentazione. Per trovare ulteriori prove di un estinto regno nordico ariano, venne progettata una spedizione in Islanda.
Tuttavia, per ragioni economiche e logistiche l’aspetto ideologico dovette lasciare spazio alla campagna militare.
Un viaggio di grande importanza per i ricercatori linguisti in Nord Africa andò a vuoto, trasformandosi in una stravagante spedizione etnologica sul Caucaso alla ricerca di ulteriori antenati della razza ariana. Incluso nell’agenda della Manherbe era anche un viaggio in Sudamerica. Così, agli inizi del 1935, una squadra di etnologi tedeschi, con l’ausilio di aereo e canoa, esplorò una zona dell’Amazzonia. Himmler, affascinato dalle immagini riprese dalla spedizione, avrebbe gradito inviare una squadra sotto la bandiera SS.
Purtroppo però, lungo le rotte di passaggio per l’America meridionale, le navi da guerra nemiche erano in agguato e ancora prima che iniziasse il conflitto bellico, Himmler dovette sacrificare la sua propensione per l’esoterismo ed occuparsi di questioni burocratiche, mobilitando il proprio reparto per la missione Mammut.
Proprio come in Tibet, gli scienziati della Minerva erano nuovamente in cerca di nuove tracce sulle tradizioni ariano germaniche. Questa volta però, gli uomini delle SS stavano attraversando una regione montuosa a due passi da casa, il Sud Tirolo. La regione, composta in gran parte da cittadini di lingua tedesca, era stata assegnata all’Italia alla fine della prima guerra mondiale. Dopo l’ascesa al potere di Mussolini, però, i fascisti della zona cominciarono ad opprimere sempre più la minoranza tedesca. I sudtirolesi, pertanto, riponevano le proprie speranze in Hitler.
Hitler ordinò dunque ad Himmler di organizzare una campagna di riassestamento. La Manherbe spostò all’interno dei propri uffici in Sud Tirolo circa 200.000 tedeschi, perché mettessero mano alla riassestamento.
Il direttore Silver era a capo di un progetto di enormi proporzioni. Si suppone che i suoi uomini abbiano documentato meticolosamente l’intero folklore sudtirolese.
Raccolsero migliaia di questionari e girarono oltre venti chilometri di pellicola per filmare le dogane delle valli alpine del Sud Tirolo. Questo studio etnologico fu la più grande, la più costosa operazione mai eseguita dalla Manherbe.
Inseguendo il grande sogno del Tibet, Ernst Schäfer, dopo la guerra, pagò dazio per essere stato nazista.
La sua preziosa raccolta di oggetti tibetani è oggi distribuita fra gli archivi di vari musei nel mondo. Anche se non fosse mai stato accusato di alcun crimine, il suo passato da SS gli sottrasse la grande e meritata fama che avrebbe dovuto essergli riconosciuta. Morì nel 1994. Dopo la guerra, il collega di Schäfer, Bruno Becker, visse indisturbato a Francoforte in pieni anni ’60, mentre la Germania sperimentava il miracolo economico.
Nel 1971 Bruno Becker fu condannato a tre anni di prigione per il suo coinvolgimento nel Terzo Reich. La maggior parte dei membri della Manherbe non venne mai accusata. I documenti e i filmati delle loro spedizioni scomparvero dall’archivio e con loro sparì la memoria di un programma di ricerca, per essere rinvenuti “misteriosamente” solo nei primi anni ’80, negli archivi di un ufficio governativo nella Germania dell’Est.